domenica 17 aprile 2011

PROCESSO THYSSEN KRUPP: ANCHE LA GIUSTIZIA BORGHESE E’ COSTRETTA A RICONOSCERE CHE I PADRONI UCCIDONO COSAPEVOLMENTE!


PROCESSO THYSSEN KRUPP: ANCHE LA GIUSTIZIA BORGHESE E’ COSTRETTA A RICONOSCERE CHE I PADRONI UCCIDONO COSAPEVOLMENTE!

Venerdì 15 aprile 2011 è una data che verrà ricordata per molto tempo. Per la prima volta in assoluto i dirigenti stragisti di una multinazionale vengono riconosciuti colpevoli di omicidio volontario! Ai dirigenti della Thyssen Krupp vengono confermate le pene richieste dai Pubblici Ministeri: Harald Espenhahn, amministratore delegato della Thyssen, a 16 anni e sei mesi; Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri a 13 anni e 6 mesi e Daniele Moroni a 10 anni e 10 mesi. I giudici hanno dunque accolto le richieste dell’accusa, aumentando la pena al solo Moroni (per il quale i pm avevano chiesto 9 anni).
E’ una sentenza storica che dimostra l’incompatibilità assoluta tra chi per vivere non possiede altro che la propria forza lavoro e chi invece fa profitti sulla pelle e sul sangue degli operai e delle loro famiglie. Di fronte al tribunale di Torino, già dalle 8 del mattino, i compagni della Rete per la Sicurezza sui Posti di Lavoro, del CCP e di Proletari comunisti, hanno allestito il presidio organizzandosi per quella che sarebbe stata una lunga attesa (la sentenza è arrivata alle 21,00) tenendo comizi, diffondendo volantini e giornali e lanciando slogan contro i padroni stragisti e il loro sistema di sfruttamento e morte. Ai compagni si sono aggiunti anche altre realtà del sindacato di base e il comitato delle vittime della strage di Viareggio. Unico partito politico presente era la Federazione della Sinistra. Solo nel pomeriggio inoltrato, la Fiom, che avrebbe dovuto essere presente fin da subito, si è mostrata con il suo dirigente e alcuni iscritti, ma senza simboli ne bandiere. Alle 16,30 il candidato sindaco per il PD a Torino, il poco onorevole Piero Fassino, si materializza proprio al fianco dei nostri altoparlanti. Un compagno del CCP afferra subito il microfono annunciando che sul posto vi era colui che, durante il referendum sul piano Marchionne, aveva annunciato che se fosse stato un operaio della FIAT avrebbe votato si al ricatto del dirigente FIAT. Il compagno ha inoltre detto che Fassino con la classe operaia non aveva nulla a che vedere e che la sua presenza di fronte al Tribunale era strumentale alla campagna elettorale in corso per l’elezione a sindaco. Fassino ha cercato di strappare il microfono al compagno del CCP ma è stato subito fatto fuggire da tutti i compagni presenti, al grido: “Vai a lavorare, tu non centri niente con gli operai! Vattene via, sparisci!”. L’on Fassino, accompagnato da due guardia spalle che per altro non si sono nemmeno mossi durante la contestazione, si allontanava in fretta e furia dal presidio.
I compagni della Rete, di Proletari comunisti e del CCP avevano quindi scacciato un becero rappresentante della borghesia, amico dei padroni e dei potenti, un avvoltoio che avrebbe voluto sfruttare a scopo propagandistico, il dolore dei famigliari delle vittime e dei loro compagni di lavoro.
Sempre nel pomeriggio, durante la lunga attesa della sentenza, la Rete per la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro, aveva organizzato un assemblea degli aderenti, aperta anche a tutti i presenti al presidio.
Vi sono stati interventi del CCP, dello Sali Cobas per il Sindacato di Classe e di un operaio FIAT in cassa integrazione. Tutti gli interventi rimarcavano la necessità di costruire un percorso unitario contro le morti sul lavoro, organizzando iniziative condivise, sia a livello nazionale che locale. In particolare, l’operaio della FIAT, iscritto alla FIOM, invitava i presenti del suo sindacato, a partecipare al dibattito e ad unirsi alla Rete per la Sicurezza, non ricevendo, però, alcuna attenzione da parte loro, a dimostrazione di quanto, anche la stessa FIOM, non rappresenti il sindacato di classe ne di lotta di cui tutti i lavoratori avrebbero bisogno.
Alle 21,00 l’aula del Tribunale era gremita in tutti i suoi spazi e pochi minuti più tardi veniva emessa la sentenza ascoltata con trepidazione ma in religioso silenzio da tutti i presenti.
Sono stati momenti di grande emozione sfociati in lacrime e applausi per quella che si presentava come la sentenza che avrebbe in qualche misura sancito un precedente storico in termini di legislatura borghese sulle questioni del lavoro.
Ma questa sentenza si è potuta raggiungere soltanto grazie alla resistenza dei famigliari dei sette operai che mai hanno smarrito la determinazione e il coraggio e anche grazie alla mobilitazione dei compagni che sin da subito adoperati per fare in modo che il processo si trasformasse in uno strumento di lotta. Questo era l’unico modo per onorare i sette eroi del lavoro e per trasformare quel sacrificio operaio in occasione di rilancio della resistenza alla guerra non dichiarata che i padroni hanno scatenato contro i lavoratori.
A conferma di questa tesi ci viene incontro anche Zaccone, uno degli avvocati mercenari difensori dei dirigenti Thyssen Krupp, il quale, commentando la sentenza, si lasciava andare ad indicare il folto pubblico in sala, confermando che la mobilitazione e l’attenzione popolare può influire ed influenzare processi che altrimenti finirebbero senza alcuna condanna per i padroni e i potenti di turno.
E’ necessario continuare a stare con il fiato sul collo alle Istituzioni denunciando e contro informando, fornendo una lettura di classe a quelli che altrimenti verrebbero spacciati dalla stampa borghese, da magistrati e avvocati, come “incidenti fisiologici” senza responsabilità concrete, ne in termini soggettivi ne oggettivi.



Collettivo Comunista Piemontese

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