giovedì 16 dicembre 2010

LA RABBIA DEI FAMIGLIARI DEGLI OPERAI DELLA THYSSEN E' LA RABBIA DI TUTTO IL PROLETARIATO


La mattina del 14 dicembre il processo contro i dirigenti stragisti della Thyssen Krupp è entrato nella fase delle richieste di condanna per i sei imputati Harald Espenhan, Gerhard Prignitz, Marco Pucci, Daniele Moroni, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, che Guariniello ha definito "persone con una eccezionale capacità di delinquere" in riferimento al tentativo di inquinare le prove sin da subito. Le richieste sono state: per Espenhan anni 16 e mesi 6 (avrebbero dovuto essere 21, ma Guariniello ha concesso l’attenuante della “ condotta processuale non disdicevole”); per Prignitz, Pucci, Salerno e Cafueri: anni 13 e mesi 6; per Moroni: anni 9, per il suo atteggiamento collaborativo durante il processo.
Si tratta di richieste particolarmente miti considerando che questi “signori” si sono resi responsabili della strage di sette operai bruciati tra le fiamme di un rogo che si sarebbe potuto evitare soltanto se tutti gli imputati, indistintamente dal loro ruolo in azienda e dalle loro mansioni, avessero agito in nome della sicurezza degli operai e non nel nome della loro carriera e del loro profitto. Sono quindi tutti responsabili diretti della strage, da chi come Harald Espenhan gestiva il denaro destinato al rinnovamento delle misure di sicurezza, a chi, come i dirigenti italiani, erano a contatto diretto con l’azienda ed ogni giorno avevano sotto gli occhi la situazione precaria e pericolosa nella quale lavoravano gli operai. Ma i codici e i regolamenti della giustizia sono adattati alle esigenze della classe dominante e non certo a quelle dei poveracci che, come i sette eroi morti sulla linea 5, devono mettere insieme il pranzo con la cena, in condizioni sempre più precarie e impraticabili. Ci stringiamo quindi attorno ai parenti dei sette eroi del lavoro e condividiamo la loro rabbia per le miti richieste di condanna del PM Guariniello! Ancor più se consideriamo che ai compagni che soltanto pensano di organizzarsi per gli interessi della classe operaia vengono comminati 15 anni di carcere e a Calisto Tanzi, reo di avere truffato migliaia di famiglie, ma che non ha ammazzato nessuno, è stata comminata la pena di anni 19, uno in meno e tre in più di quelli richiesti da Guariniello per lo stragista Harald Espenhan il quale, per altro, durante le udienze ha mantenuto sempre un atteggiamento strafottente e borioso, anche di fronte alle domande dei PM! Sono questi i motivi concreti che rendono ancor più necessario proseguire, con maggior determinazione, la lotta all’esterno delle strutture istituzionali borghesi, tenere il fiato sul collo ai loro rappresentanti (siano essi PM, Giudici, avvocati, dirigenti sindacali, ispettori dell’ASL o amministratori regionali, provinciali e comunali), denunciare a gran voce e a largo raggio le ingiustizie, i raggiri, le manipolazioni di tutti questi signori che, in una misura o nell’altra, sono i principali responsabili delle amare condizioni del proletariato e delle masse popolari! E’ necessario riprendere a praticare il sano ODIO DI CLASSE, come anche il compianto scrittore e poeta comunista EDOARDO SANGUINETTI invitava a fare. Bisogna organizzarsi contro questi signori, per lottare e solidarizzare con chi lotta!

sabato 11 dicembre 2010

LA LEGA HA ABORTITO



Sabato 11 dicembre alcuni compagni del Centro di Documentazione "Latifa Sdairi" di Torino, hanno dato luogo ad un presidio per la difesa del diritto all'autodeterminazione della donna nella piazza del mercato del quartiere S.Salvario. La giunta regionale presieduta dal legofascista Cota, ha approvato il protocollo presentato dall'assessore Ferrero“per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l'interruzione volontaria di gravidanza” che prevede in ogni a.s.l. e consultorio la presenza obbligatoria del Movimento per la vita.Questo ha lo scopo di redimere tutte coloro che hanno deciso di abortire,pena il marchio di assassine. Non dimenticando che in questa maniera si tolgono fondi che potrebbero essere utilizzati per educazione sessuale nelle scuole o per programmi di prevenzione e contraccezione, sistemi sicuramente più validi per evitare l'aborto! Durante il presidio sono stati diffusi un migliaio di volantini che ottenevano un discreto consenso dei passanti e dei frequentatori del mercato.
Durante il presidio alcuni compagni si sono spostati nei pressi della sede locale della Lega Nord e l'hanno "chiusa" con uno striscione in difesa del diritto all'aborto!
Contro il moderno fascismo machista e sessista Torino si mobilita! Il legofascista Cota non riuscirà ad adempire ai suoi compiti di moderno Podestà!

lunedì 29 novembre 2010

PROCESSO THYSSEN. VOLANTINO IN DIFFUSIONE IL 30 NOVEMBRE

Mentre sui quotidiani appare la notizia che i sindacati confederali hanno chiesto un incontro agli Enti locali per fare il punto sulla ricollocazione dei trenta lavoratori della Thyssenkrupp per i quali scade a fine anno la cig in deroga, l'udienza (che si è aperta alle ore 9:50 in un'aula semi deserta, dove brillava per la sua totale assenza la stampa borghese e reazionaria oltre che quella ormai solita dei sindacati e dei partiti della così detta sinistra) si incentrava sull'ottava parte della requisitoria del PM, questa volta affidata alla voce della sostituta Francesca Traverso.
Dopo che nella scorsa seduta si erano prese in considerazione le posizioni dei tre “executive members of the board'” (membri di una specie di CDA clandestino mai ufficializzato ne reso pubblico) venivano sviluppate le stesse tematiche riguardo gli altri tre imputati dei reati di 'incendio colposo' e 'omicidio con colpa cosciente': il direttore dello stabilimento di Terni, ingegner Moroni; il direttore dello stabilimento di Torino, Raffaele Salerno; di Torino, Cosimo Cafueri (RSPP Responsabile Servizio prevenzione e protezione)
Anche in questo caso emergeva chiaramente (dall'analisi dei testi della corrispondenza intrattenuta tra loro dai vari imputati, e dalla lettura di parte delle trascrizioni delle testimonianze rese nel corso di questo procedimento) il criminale comportamento degli stessi, che nulla hanno fatto in materia di misure antincendio, posticipando gli interventi necessari ad un momento successivo al trasferimento degli impianti da Torino a Terni.
Intanto si allarga la dimensione del procedimento connesso con questo perchè nel corso dell'udienza, la PM Traverso chiede che gli atti riguardanti il capo del personale di Terni e Torino, il dottor Ferrucci , vengano trasferiti per procedere contro di lui in merito al reato di 'falsa testimonianza. Insomma, i nodi stanno venendo al pettine e dalle requisitorie dei PM, sino ad oggi enunciate in aula, il quadro della situazione generale e particolare viene esposto in maniera inequivocabile: i membri del CDA ufficiale e quelli del CDA fantasma, sono tutti responsabili diretti della strage dei sette operai della Thyssen ! I tentativi di copertura, i favoreggiamenti e le connivenze che riguardano anche pezzi delle Istituzioni come nel caso dei dirigenti della ASL 1, sono stati ampiamente smascherati e sono state rese inefficaci le tattiche ostruzionistiche e mistificatorie del gruppo di avvocati mercenari che difendono i padroni senza porsi coscientemente alcuno scrupolo di fronte a tanta arroganza e allo schifoso cinismo dei dirigenti in questione.
Questo sistema basato sullo sfruttamento e la ricerca del profitto di un pugno di parassiti che influenzano la politica, le Istituzioni e la società, utilizzando la forza del loro denaro e il servilismo di politici, sindacalisti, ispettori del lavoro, operai abbruttiti e avvocati (questi ultimi avvezzi soltanto a difendere le cause dei padroni come quelle che riguardano la FIAT. La Juventus e il gruppo finanziario facente capo a Grande Stivens, Gabetti e altri parassiti di questo stampo) non sta in piedi perché le contraddizioni sociali e politiche che sviluppa, stanno scoppiando in tutti i settori. Questo sistema deve essere abbattuto prima che massacri altri proletari! Deve essere abbattuto e sostituito con il socialismo, unico altro sistema possibile!




sabato 27 novembre 2010

COMMEMORAZIONE DI LATIFA SDAIRI

Latifa aveva 18 anni ed era immigrata dal Marocco in cerca di un futuro migliore. A causa di un rastrellamento anti immigrati Latifa fu costretta a scappare e a salire sul tetto del palazzo in cui viveva inseguita dai vigili urbani che non hanno mollato la presa costringendo la giovane marocchina ad avventurarsi tra gli abbaini sino a scivolare e a cadere dal tetto trovando la morte sul selciato.
E' certo una delle tanti morti di questa guerra di sterminio che la borghesia scatena contro le masse popolari e in particolare quelle più povere e ricattabili subiscono le peggiori angherie di questo Stato razzista e repressivo.
La commemorazione di Latifa, alla quale è stato dedicato il centro di documentazione di via Saluzzo 13 anche sede del CCP, è un atto simbolico ma importante in un quartiere dove i problemi dei residenti italiani si incontrano e si scontrano con i problemi degli immigrati poveri. E' necessario chce i bisogni e le istanze delle masse popolari italiane e immigrate si incontrino e si fondano in un unica lotta contro questo sistema assassino!







lunedì 1 novembre 2010

GLI SBIRRI AMICI DEI FASCISTI PERQUISISCONO L'ABITAZIONE DEL COMPAGNO vALTER

GLI SBIRRI AMICI DEI FASCISTI PERQUISISCONO LA CASA DEL COMPAGNO vALTER
pubblicata da Colcompiemonte Colcom il giorno martedì 26 ottobre 2010 alle ore 10.02

Alle 7,30 di martedì 26 ottobre 8 poliziotti ( 2 della polizia postale, 4 Digos e altri 2 sbirri in divisa) si presentano presso la casa del compagno Valter Ferrarato per effettuare una perquisizione sulla base di un mandato firmato dal sostituto procuratore Sandro Ausiello che rendeva nota l’accusa di minacce e istigazione a delinquere e l’indagine aperta nei confronti del compagno Valter. Il decreto di perquisizione citava testualmente: “ Rilevato che alla luce dell’annotazione in atti, vi sono fondati motivi per ritenere che il FERRARATO sia l’autore dell’inserimento in rete di una fotografia di un soggetto definito come “Questo è un merdoso fascista de La Destra di Torino. Se lo vedete per strada potete picchiarlo a sangue” Nel che si ravvisano ragionevolmente i reati di cui in epigrafe”.

La perquisizione è durata un paio d’ore e dopo avere ribaltato completamente l’appartamento, visionato sul posto due hard Disk, gli sbirri se ne sono andati sequestrando il PC del compagno, una serie di penne USB e alcuni Cd Rom. Inoltre gli sbirri, al di la del materiale che secondo loro poteva essere inerente all’accusa rivolta al compagno, hanno sequestrato articoli di giornale e altro materiale che riguardavano le scritte contro i militari italiani in Afghanistan e a favore della resistenza effettuate tempo fa da ignoti sui muri della sede del “giornale” Torino Cronaca.

Crediamo che la questione della pubblicazione della fotografia di un fascista di merda sia stato soltanto un pretesto per poter effettuare controlli specifici su computer del nostro compagno e per sabotare, in una certa misura, il lavoro che il CCP svolge sul territorio torinese, la propaganda e l’agitazione contro i responsabili della crisi e il loro sporco sistema, il sostegno attivo alle lotte operaie e la lotta diretta al fascismo e al razzismo. Un interesse specifico e diretto che i cani da guardia del padronato rivolgono contro tutti i singoli compagni, le associazioni e gli organismi che ogni giorno combattono e lottano contro il sistema, il fascismo e la repressione.

Siamo dunque solidali con il compagno Valter ma anche con chi avesse pubblicato in rete la fotografia di un fascista perché crediamo che la pubblica denuncia delle generalità e dei volti dei fascisti rappresenti comunque uno strumento dell’antifascismo militante.



SOLIDARIETA’ AL COMPAGNO VALTER E A TUTTI I COMPAGNI COLPITI DALLA REPRESSIONE!

GUERRA AI PADRONI E AI LORO SERVI IN DIVISA O IN DOPPIO PETTO. W L’ANTIFASCISMO MILITANTE!

APERITIVO ANTI-CAPITALISTA contro FIAT e i suoi scagnozzi


in concomitanza con Paratissima, la kermesse artistico-commerciale quest'anno sponsorizzata tra gli altri anche dal gruppo FIAT
APERITIVO ANTI-CAPITALISTA
contro FIAT e i suoi scagnozzi


VEN 5 NOVEMBRE h18,30
c/o Centro di Documentazione “Latifa Sdairi”
VIA SALUZZO 13 TORINO

-FIAT da oltre cent'anni sfrutta il tempo e le energie dei lavoratori per il proprio profitto

-negli ultimi 30 anni FIAT ha ricevuto aiuti di stato per 7,6 MILIARDI DI EURO mentre attraverso delocalizzazioni ed esternalizzazioni ha aumentato i suoi utili a scapito delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti

-oggi, attraverso la "cura Marchionne", il gruppo sta sferrando un ulteriore attacco al mondo del lavoro, con licenziamenti per rappresaglia e ricatti contrattuali, appoggiati dai sindacati corrotti

-da sempre FIAT ha fornito veicoli e infrastrutture per la produzione bellica, quale che fosse il colore del governo; sotto il fascismo la sua crescita è stata esponenziale

-lo stato italiano ha servito gli interessi di FIAT e Confindustria partecipando ai bombardamenti NATO in Serbia nel 1999, per aprire il mercato dei Balcani alle multinazionali e in particolare alla Philip Morris, di cui Marchionne è membro del consiglio di amministrazione
DOBBIAMO ORGANIZZARCI PER FERMARE
UNA VOLTA PER TUTTE QUESTI SFRUTTATORI E ASSASSINI!

VEN 5 NOVEMBRE h18,30
c/o Centro di Documentazione “Latifa Sdairi”
VIA SALUZZO 13 TORINO

giovedì 7 ottobre 2010

IL PROCESSO THYSSEN E' IL PROCESSO CONTRO IL SISTEMA DI SFRUTTAMENTO E MORTE TANTO CARO AI PADRONI


Dopo innumerevoli tentativi di ostruzionismo, da parte dei difensori mercenari della Thyssen fatti di cavillosi espedienti, raggiri, false testimonianze e piagnistei sul pericolo delle presunte minacce ricevute e altrettanto presunte diffamazioni nei loro confronti, si è giunti finalmente alle battute conclusive del processo. Un processo che non ha precedenti nella storia del movimento operaio del nostro Paese perché i dirigenti di una grande azienda, per la prima volta in assoluto, sono accusati di omicidio volontario e non, come spesso accade, soltanto di omicidio colposo. Si, perché nel nostro democratico bel Paese, quando muore un operaio in fabbrica o sul cantiere, la tragedia viene rappresentata soltanto come una disgrazia per la quale i padroni non hanno mai responsabilità dirette e consapevoli. L'attenzione e la grande mobilitazione popolare che è seguita immediatamente dopo la strage dei sette operai della Thyssen Krupp, è stata la prima condizione che ha favorito una relativa rapidità nell'istruire il procedimento e il mantenimento del capo d'accusa. Quell'attenzione e quella mobilitazione popolare che oggi, proprio alle battute finali del processo, sarebbe ancor più necessaria per influire, sia sulle requisitorie dei Pubblici Ministeri e le arringhe dei difensori, che sulle decisioni della giuria popolare.
Durante l'udienza del 5 ottobre scorso, grazie all'appello lanciato dai famigliari delle vittime e sostenuto anche dal nostro collettivo con volantinaggi e locandine, l'aula del tribunale nella parte riservata al pubblico, era finalmente gremita, dopo un anno di udienze durante le quali tra il pubblico, vi si trovavano al massimo 4 o 5 persone ed in presidio all'esterno, come sempre, il Collettivo Comunista Piemontese e la Rete Nazionale per la Sicurezza sui Posti di lavoro. “Assenti ingiustificati”, per tutta la durata del processo, come citava il volantino diffuso dall'ass. Legami D'Acciaio, i sindacati e i partiti che, in una maniera o nell'altra, affermano di rappresentare ancora gli interessi della classe lavoratrice. Infatti, ne la FIOM, nel il PRC, ne il PdCI, ne altri partiti della sinistra, sono andati oltre al presenzialismo facendosi vivi soltanto durante le “occasioni importanti”, quelle occasioni dove la presenza di giornalisti e telecamere era garantita. Partititi e sindacati che, grazie alle loro strutture, avrebbero potuto programmare una presenza assidua e continuata alle udienze, non hanno colto le dimensioni politiche e sociali di questo processo le cui conclusioni ricadranno, non soltanto sulla memoria degli operai uccisi e sui loro parenti o colleghi, ma sull'intera classe operaia. Gli omicidi bianchi (e non le morti bianche come vengono definiti erroneamente)devono essere combattuti concretamente e con determinazione. Non sono sufficienti ( 3 operai muoiono ancora ogni giorno sul posto di lavoro, mentre a centinaia sono gli incidenti gravi) i comunicati, le assemblee, i seminari o qualche sporadico presidio. E' necessario essere presenti sul territorio cercando di contrastare sistematicamente, con la pratica, l'immobilismo o addirittura la complicità del sindacato, l'opportunismo a scopi elettoralistici dei partiti e l'idea per cui, durante un processo contro i padroni, bisognerebbe lasciare tutto in mano alla magistratura borghese e non mobilitarsi lasciando che la “giustizia” faccia il suo corso. Molto probabilmente se il nostro collettivo non fosse intervenuto (rischiando anche querele e denunce)denunciando pubblicamente con estrema franchezza i raggiri e le nefandezze intentate dalla difesa dei dirigenti stragisti della Thyssen, la collusione e concussione di Autorità pubbliche come ad esempio gli ispettori dell'ASL 1, il livello di tensione e di attenzione su queste vicende legate strettamente al processo, non sarebbe stato sufficiente.
Facciamo quindi appello al “rinnovato” interesse di partiti e sindacati dimostrato durante l'udienza del 5 ottobre, affinché questo interesse diventi pratica quotidiana e sia concretamente teso a sostenere le ragioni della classe operaia abbandonando posizioni accomodanti a seconda delle quali gli interessi della classe operaia potrebbero essere coincidenti con quelli dei padroni i quali potrebbero essere più buoni e meno squali. Così non è e non è mai stato, gli interessi dell'una non sono compatibili con gli interessi degli altri. Dove vince l'operaio perde il padrone e viceversa! Non esiste e non esisterà mai un capitalismo migliorabile perché lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è insito nel sistema stesso. Unica via è lavorare all'abbattimento del capitalismo per sostituirlo con l'unico altro sistema possibile, il SOCIALISMO.

venerdì 6 agosto 2010

IL PACCHETTO SICUREZZA UCCIDE!


Lo scorso 20 luglio la questura di Bologna ha deportato in Nigeria una ragazza di 23 anni, Faith Aiworo, dove era stata condannata per aver reagito ad un tentativo di stupro da parte del suo datore di lavoro, un uomo ricco e potente, uccidendolo.
Faith era stata rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Mattei a Bologna, dopo che i vicini avevano chiamato la polizia sentendo le sue grida di aiuto perchè un suo connazionale cercava di violentarla. La polizia intervenuta sul posto ha pensato bene di arrestarla perché non aveva il permesso di soggiorno. Dopo due settimane di detenzione è stata rimpatriata in Nigeria, dove è già stata arrestata e potrebbe essere impiccata a breve per volere di un governo corrotto e complice del peggior colonialismo occidentale. E questo nonostante avesse già presentato domanda di asilo politico.
Benché l’Italia sia uno dei paesi promotori della moratoria contro la pena di morte, lo stato razzista italiano non ha esitato a consegnare ai suoi assassini una donna che ha saputo reagire alla violenza maschile.

UN’ALTRA DONNA, SENEGALESE, RISCHIA L’ESPULSIONE
Ngom, un’altra donna immigrata, senegalese e madre di sei figli, arrivata in Italia dodici anni fa dopo esser fuggita da un marito violento, è da giorni rinchiusa nel Cie di Bologna in attesa che un giudice di pace decida (il prossimo 12 agosto) se accettare il ricorso contro l’espulsione o eseguire gli ordini della questura di La Spezia e rimandarla in Senegal dal marito-aguzzino.
Per quanto tempo ancora intendiamo tollerare la presenza dei Cie – lager di Stato in cui le donne sono spesso sottoposte a ricatti sessuali, molestie e violenze per poi essere rimpatriate col rischio di essere addirittura uccise?

MOBILITIAMOCI PER SALVARE FAITH E NGOM!
Per protestare con le ambasciate dei paesi complici delle deportazioni:
-ambasciata nigeriana (Roma) 06683931
-ambasciata senegalese (Roma) 066865212/066872353

mercoledì 28 luglio 2010

MORTE ALL'IMPERIALISMO! W LA RESISTENZA AFGHANA!


Mentre prosegue la missione italiana di guerra imperialista per l’occupazione dell’Afghanistan, altri due militari italiani sono morti cercando di disinnescare un ordigno. Altri due mercenari al soldo dei capitalisti nostrani, ci hanno lasciato la pelle. Non possiamo fare altro che prendere atto della loro prematura scomparsa e ribadire quanto questa missione militare, come tutte le altre in cui sono impegnati i militari italiani, non sia assolutamente una missione di pace, come vogliono fare credere le Autorità del nostro Paese, ma una vera e propria guerra di occupazione. Alla ferocia e alla arroganza degli occupanti, la resistenza afghana risponde colpo su colpo e, come i nostri partigiani durante l’occupazione nazista dell’Italia, difendono con le unghie e con i denti la loro patria e la loro autodeterminazione.
Berlusconi si dice addolorato e dice anche che però queste morti nostrane, rafforzano l’idea che dobbiamo continuare ad esserci. Il capo banda del governo di mafiosi, fascisti, razzisti e speculatori, rivolge anche il proprio cordoglio alle famiglie dei due militari morti. Ma quelle famiglie dovrebbero indignarsi e odiare chi manda i loro figli a morire in una missione di guerra spacciata per “missione di pace”. Quelle famiglie dovrebbero augurare lo stesso dolore alla famiglia di Berlusconi e dei caporioni della sua banda di governo. Ma essi sono al sole delle loro spiagge e a godersi le loro sontuose ville al mare, attorniati da puttane e imbottiti di cocaina.
Lo stesso dolore che provano le famiglie dei due giovani mercenari morti ammazzati dalla legittima resistenza di un popolo aggredito, devono provarlo i mandanti di questa missione militare. Sono le famiglie delle carogne che ci governano che devono perdere i loro figli e vederli ammazzati dalla necessaria e doverosa resistenza di un popolo al quale si vorrebbe mettere le catene!

W la resistenza afghana!
Morte all’imperialismo!



Collettivo Comunista Piemontese
colcompiemonte@yahoo.it
tel. 3476558445.
Via Spotorno 4 Torino.

sabato 24 luglio 2010

Lunedì 26 luglio dalle 9,00 presidio per Luigi Davide, Luca e Mschino


Il 12 maggio scorso, durante un operazione repressiva della polizia politica, venivano condotti al carcere delle Vallette i compagni Luigi, Davide e Luca, mentre altri 13 compagni venivano sottoposti a misure cautelari. Tutti sono accusati di aver partecipato agli scontri con le forze dell’ordine durante lo sgombero del centro sociale L’Ostile avvenuto il 10 dicembre 2009 a Torino. Dopo un periodo in carcere (quasi due mesi per Davide e Luigi, quest’ultimo in condizioni di semi-isolamento) sono stati posti agli arresti domiciliari fuori da Torino, Luigi nella bergamasca a casa di una compagna che si è resa disponibile ad ospitarlo, Davide a Giaveno e Luca a Bussoleno su imposizione del PM Rinaudo (che risulta iscritto nelle liste della P2 e amico intimo di Luciano Moggi) titolare dell’inchiesta. Il compagno Moschino, altro fermato per gli scontri del 10 dicembre, ha avuto l’obbligo di dimora a Barge.
Per Luigi, Davide, Luca e Moschino, il PM Rinaudo ha preteso un vero e proprio PROVVEDIMENTO DI CONFINO, come nel ventennio usavano fare i tribunali speciali fascisti per allontanare i comunisti, gli anarchici e gli antifascisti dal proprio luogo di origine, dai propri famigliari e dai propri compagni di lotta ed isolarli dal resto delle masse popolari. Nel caso del compagno Luigi l’accanimento del PM Rinaudo è stato ancora più grave perché teso a danneggiarlo anche economicamente, in quanto Luigi ha un’abitazione in affitto e il lavoro a Torino che chiaramente rischierebbe di perdere nel caso il provvedimento di confino dovesse protrarsi nel tempo.
Come è possibile che per difendere gli spazi di agibilità politica e sociale si debba essere malmenati, incarcerati, allontanati dalle proprie abitazioni e privati del proprio lavoro senza il quale un proletario non potrebbe vivere, oppure uccisi come nel caso del giovane compagno Carlo Giuliani durante le manifestazioni contro il G8 del luglio 2001 a Genova!?
Come è possibile che una Repubblica democratica possa permettere a Pubblici Ministeri piduisti di pretendere che vengano adottati provvedimenti di chiaro stampo fascista come il confino che oggi i nostri compagni stanno subendo con il rischio di perdere il lavoro e la casa!?
Questi provvedimenti sono gli stessi che venivano adottati dal regime fascista per isolare gli antifascisti dal resto delle masse popolari al fine di scongiurare la diffusione delle idee di libertà e giustizia sociale che essi sostenevano e propagandavano tra i lavoratori e la popolazione schiacciata da un regime infame.
I compagni Davide, Luca, Moschino e Luigi devono essere liberati e devono poter tornare alle loro case e al loro lavoro. Essi non hanno fatto altro che difendere uno spazio sociale ribellandosi alla violenza della polizia e al tentativo di soffocare un movimento di resistenza che nel nostro paese si sta sviluppando contro l’eliminazione dei diritti e delle conquiste che le masse popolari hanno acquisito a costo di dure lotte nelle strade, nelle piazze e nelle fabbriche del nostro Paese. Una repressione che si sviluppa a largo raggio attraverso il tentativo di colpire le avanguardie di lotta per INTIMORIRE, SPAVENTARE E “EDUCARE”il resto delle masse popolari e dei lavoratori. Del resto anche i padroni della FIAT stanno attuando la stessa forma di terrorismo licenziando senza giusta causa i sindacalisti come monito per tutti gli altri.

sabato 10 luglio 2010

GIORNATA BENEFIT COMPAGNI PRIGIONIERI LUIGI E DAVIDE



Luigi arrestato con Davide il 12 maggio in seguito alle cariche della polizia durante lo sgombero del centro sociale L’OSTILE di corso Vercelli a Torino. Il PM Rinaudo, titolare dell’inchiesta ha posto per la sua scarcerazione la discriminante dell’allontanamento dalla città. In perfetto stile fascista il compagno è stato posto in confino a Bergamo ed ora rischia di perdere casa e lavoro.


PROGRAMMA

Ore 12,30
PRANZO (euro 10)
Ore 16,30
DIBATTITO :
Per i compagni presi: che fare?
Ore 18,00
TOMBOLATA BENEFIT

Dalle ore 15,00 verrà allestito un buffet di pizza fino al suo totale esaurimento!

mercoledì 7 luglio 2010

ONORIAMO IL SACRIFICIO DEI SETTE EROI DELLA THYSSEN, INASPRIAMO LA LOTTA DI CLASSE PER IL SOCIALISMO!


L’udienza del 30 Giugno prevedeva l’audizione dei consulenti tecnici nominati dalla difesa: il professor Betta, l’ing. Queto ed il prof. Cerri.
Betta, per oltre due ore, ha tentato di dimostrare come e quanto l’azienda sia stata attenta alle misure di sicurezza previste dalla legge. Il prof. Betta inoltre non ha mai rinunciato, durante la sua esposizione, di alludere, quando non di affermare direttamente, che la colpa della strage sarebbe stata degli stessi operai e che il disastro si sarebbe potuto evitare se avessero messo maggiore attenzione e rispettato le regole della sicurezza.
Per confermare la validità della sua relazione filo padronale e antioperaia l’esimio (sic!) professore ha fatto riferimento ai bilanci, (come dire che se i bilanci di una azienda sono positivi, anche le sue condizioni in materia di antinfortunistica e della sicurezza, devono essere per forza nella norma) dell’azienda. Il prof. Betta però dimentica che fu lo stesso Harald Espenhan, amministratore delegato della Thyssen, che dichiarò di avere bloccato i soldi destinati alla messa in sicurezza della linea dove avvenne la strage di operai e che quindi se i soldi non furono utilizzati, la messa in sicurezza della linea di produzione non fu effettuata!
Ma con quale coraggio questi signori possono prestarsi ad un gioco così atroce e completamente privo di rispetto per la vita umana!? I ricchi padroni possono pagare avvocati, testimoni, ispettori dell’INPS e consulenti vari, mentre le famiglie dei lavoratori morti nell’incendio e i loro compagni sopravvissuti, devono ogni giorno faticare per “mettere insieme il pranzo con la cena” ed affrontare le spese di una vita sempre più cara e sempre più ai limiti della più nera povertà.
Per questi mercenari, servi dei padroni e dei potenti, l’unica cosa che conta è il compenso che ricevono e l’impunità di cui godono in un paese come il nostro nel quale un pugno di ricchi parassiti la fanno da padrona dettando regole e tempi della politica e della società! La crisi del sistema che si basa sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo costringe i padroni a dimostrare il loro vero volto, il volto dell’arroganza, della prepotenza e della vile menzogna, violando impunemente le stesse leggi che i loro servi della politica hanno emanato su loro mandato.
Ma quando sono i lavoratori e i proletari ad alzare la testa e a violare le regole imposte dalla democrazia dei padroni, essi non disdegnano di fare uso della forza e della repressione mandando polizia e carabinieri a sgomberare picchetti, a caricare i manifestanti in corteo (come per i terremotati dell’Aquila) o a perquisire, arrestare e processare i compagni e i lavoratori che più di altri alzano la testa contro i soprusi e le angherie dei padroni e dei loro servi.
A chi giova questo tipo di democrazia basata su di un sistema che prevede lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo se non a quel pugno di parassiti ricchi sfondati che comprano per pochi euro la nostra forza lavoro e calpestano la nostra dignità? Una democrazia con la D minuscola che viene difesa a suon di manganellate, carcerazioni e uccisioni come per il giovane compagno Carlo Giuliani ammazzato come un cane dai carabinieri mentre manifestava, nel luglio 2001 a Genova, il suo sdegno contro il sistema di sfruttamento e morte al quale i padroni vorrebbero costringerci.
Il processo contro i padroni della Thyssen Krupp mostra evidentemente strutture e dinamiche di un sistema che deve essere abbattuto e sostituito con un sistema basato sul protagonismo e la partecipazione del proletariato e delle masse popolari. Un sistema dove non vi sarà alcuno spazio per padroni, sfruttatori e loro servi. Un sistema socialista!

per la costruzione di un vero partito comunista rivoluzionario strumnto indispensabile alla vittoria della classe operaia!

lunedì 5 luglio 2010

COMUNICATO CCC





CONTRO LA REPRESSIONE BORGHESE, RESISTERE E SVILLUPARE LA LOTTA PER IL COMUNISMO
L’8 luglio prossimo alle ore 12, presso il tribunale di Milano, si terrà la seconda udienza del processo in cui è imputato il compagno Enrico Levoni del Coordinamento dei Collettivi Comunisti. Si tratta dell’udienza che il 14 gennaio scorso venne rimandata. Come avevamo ipotizzato, la cassazione ha dato ragione al giudice Giovagnoli accettando il suo ricorso. Scrivevamo infatti nel precedente comunicato: “L’udienza del 14 gennaio faceva parte di un procedimento giudiziario stralciato da quello per associazione sovversiva che vede imputati vari compagni del Partito dei CARC (di cui il compagno Enrico era membro) e messo in piedi dal giudice Giovagnoli. Procedimento per il quale la giudicessa Boccassini aveva dichiarato il non luogo a procedere. Giovagnoli aveva quindi deciso di ricorrere in cassazione. Proprio la sera prima dell’udienza veniamo a conoscenza del fatto che il 20 gennaio si terrà l’udienza (a porte chiuse) in cui la Cassazione valuterà se accettare o meno il ricorso di Giovagnoli. La mattina del 14 gennaio, a pochi minuti dal suo inizio, udienza contro il compagno Enrico è stata rinviata causa l’assenza del giudice titolare (la dott.ssa D’Addea). Una coincidenza? Difficile crederlo! Si tratta molto più probabilmente del tentativo di far rientrare il procedimento contro il compagno Enrico nel più ampio procedimento giudiziario per associazione sovversiva e di usare i supposti reati di cui il compagno è accusato per colpire più duramente tutti gli imputati del procedimento di Giovagnoli, compagno Enrico compreso.”.

Così infatti è stato. Ora l’iter giudiziario borghese fa il suo corso spendendo il denaro pubblico per perseguitare i compagni e le organizzazioni che lottano affinché la classe operaia e le masse popolari tutte possano godere di una vita migliore. Non bastano gli speculatori finanziari, i capitalisti che mandano in rovina decina di migliaia di famiglie licenziando i lavoratori, i tagli ai servizi, la devastazione ambientale, lo sperpero delle risorse a vantaggio dei ricchi e a danno dei proletari. La difesa dell’ordinamento sociale borghese richiede anche che siano colpiti sul nascere tutti quei compagni e quelle organizzazioni che la borghesia ritiene siano o possano diventare un pericolo per i suoi interessi, per il mantenimento del suo regime di sfruttamento e repressione, guerra e devastazione.

Quella dell’8 luglio non è altro che una delle innumerevoli udienze su cui i tribunali borghesi “costringono” i compagni a dedicare risorse ed energie e che seguono e sostengono le ben più pesanti azioni di controllo, le intimidazioni, le perquisizioni, i sequestri, le violenze, le carcerazioni, ecc. a cui ormai migliaia di compagni sono sottoposti continuamente.

Sono anni che numerosi compagni e organizzazioni del movimento comunista che lottano per ridare alla classe operaia del nostro paese un vero partito comunista vengono colpiti da procedimenti giudiziari (ogni volta conclusisi con il non luogo a procedere). Sono anni che compagni e organizzazioni del movimento comunista, antifascista, antimperialista e anarchico vengono colpiti dalla repressione borghese.

Le autorità giudiziarie del nostro paese tentano di mettere in piedi dei moderni tribunali speciali. Si fanno beffe della Carta Costituzionale e perseguitano i comunisti e chiunque lotti per un mondo migliore al pari di quanto facevano i fascisti, solo che lo fanno in una forma più subdola, comunque mitigata, frenata, ostacolata dalle conquiste di civiltà e benessere che la classe operaia e le masse popolari, guidate dal partito comunista, hanno strappato alla borghesia con le dure lotte del passato e con la vittoriosa Resistenza antifascista.

Le autorità giudiziarie borghesi hanno sempre cercato di far passare noi comunisti per banditi e terroristi; sono le stesse autorità che difendono gli interessi della classe borghese, quella classe che scatena guerre in ogni angolo del mondo, massacrando e terrorizzando con le sue “bombe intelligenti” milioni di persone. Queste autorità giudiziarie accusano noi comunisti di terrorismo e difendono i veri terroristi borghesi salvandoli dai processi in cui sono imputati. Vogliono privare noi comunisti, antifascisti, antimperialisti e anarchici della libertà di lottare e difendono la libertà della borghesia di sfruttare, massacrare e distruggere.

La tanto decantata liberà di cui si riempiono la bocca i rappresentanti politici della classe dirigente non è che una farsa. La loro liberà è in realtà libertà di sfruttare fino alla morte i lavoratori, costringendo quelli immigrati ad una vita da bestie e quelli locali a rinunciare alla vita dignitosa che si erano faticosamente conquistati. La loro libertà è la libertà di scatenare una guerra tra poveri. La loro libertà è la libertà dei padroni di costringere i lavoratori ad una vita di stenti e a rischiare la malattia e la morte ogni giorno per produrre profitto. La loro libertà porta alla miseria, alla fame, alla guerra e alla distruzione del pianeta.

Per noi comunisti la libertà è invece libertà di lottare contro questo sistema, libertà di lottare per un mondo in cui siano i veri produttori, la classe operaia e i lavoratori tutti a decidere cosa produrre e come, nell’interesse loro e del resto delle masse popolari.

Ma questa libertà è incompatibile con quella dei padroni e delle loro autorità. Perché la loro libertà necessita di grandi masse di proletari da comprare come schiavi moderni per estorcere plusvalore dal loro sudore. La loro libertà necessità allo stesso tempo di grandi masse di disoccupati, di affamati, di disperati per mezzo dei quali ricattare i proletari per costringerli ad accettare condizioni di merda di vita e di lavoro. La loro libertà è sfarzo e lusso per pochi e fatica, miseria e morte per molti.

Se lottare contro la loro libertà vuol dire essere terroristi, allora siamo tutti terroristi!

La persecuzione che la borghesia scatena contro di noi può e deve essere combattuta con coraggio, resistendo alla persecuzione e non cedendo alle minacce della borghesia e delle sue autorità. Ma ancora più importante è il lavoro per costruire un fronte comune contro la repressione in cui unire e organizzare le forze di tutte le componenti del movimento comunista, antifascista, antimperialista, anarchico e di tutte le organizzazioni operaie e delle masse popolari che subiscono la repressione borghese. Un fronte organizzato che lavori in primo luogo per far partecipare e organizzare il resto delle masse popolari nella lotta contro la repressione, in ragione del fatto che la difesa di chi lotta contro gli sfruttatori, i fascisti e i guerrafondai lotta per gli interessi di tutto il popolo.



No alla persecuzione dei comunisti!

Costruire un fronte comune di lotta contro la repressione!



Coordinamento dei Collettivi Comunisti

www.coorcolcom.org - coorcolcom@tiscali.it

mercoledì 30 giugno 2010

Bilancio iniziative per i compagni prigionieri Davide e Luigi.




Nell’ultima sua lettera che il compagno Luigi Giani scriveva dal carcere delle Vallette di Torino, dove si trova prigioniero da più di due mesi dopo essere stato arrestato per gli scontri avvenuti durante lo sgombero dello stabile occupato L’Ostile, annunciava di avere potuto, finalmente, fare il suo primo colloquio. Infatti, Luigi, da più due mesi si trova ancora al padiglione “nuovi giunti”, reparto del carcere con forti restrizioni, nel quale i prigionieri devono restare soltanto per il tempo necessario alle visite mediche per poi essere mandati nei padiglioni con gli altri detenuti. Ai “nuovi giunti”, proprio a causa del fatto che i prigionieri dovrebbero rimanerci per un tempo limitato, non hanno la TV, non possono utilizzare fornellini per cucinare, hanno soltanto tre quarti d’ora d’aria al giorno. I compagni del nostro collettivo, con altri compagni solidali, si sono subito mobilitati per denunciare la situazione di semi-isolamento nella quale il compagno si trova e la negazione dei diritti fondamentali del prigioniero, quali ad esempio i colloqui. Il PM Rainaudo (grande amico di Luciano Moggi e iscritto alla loggia massonica P2) ha inoltre posto, come discriminante per la concessione degli arresti domiciliari al compagno Luigi, l’allontanamento dalla città di Torino nella quale egli ha una casa in affitto e un lavoro fisso. Un vero e proprio provvedimento di confino di stampo fascista.
Sono state fatte due iniziative di denuncia: una davanti al Tribunale distribuendo 800 volantini e megafonando. L’altra proprio davanti al carcere, all’entrata dei colloqui, con volantinaggio e agitazione tra i famigliari dei detenuti che, attendendo ore per riuscire ad entrare, subiscono anche le perquisizioni e l’arroganza dispotica delle guardie addette. In entrambe le occasioni siamo partiti trattando la questione particolare del compagno Luigi (e di Davide anch’egli detenuto per lo stesso motivo, ma che già aveva ottenuto i colloqui con il padre ed era stato spostato dai nuovi giuti) per trattare anche più in generale la situazione disumana e indegna nella quale sono costretti migliaia di prigionieri poveri (perché quelli ricchi trovano sempre il modo di scamparla) nelle carceri della nostra “beneamata” Repubblica. Inoltre abbiamo lanciato l’appello a tutti i compagni per recarsi al Tribunale a chiedere l’autorizzazione per le visite al compagno Luigi, con l’intenzione di sollevare, anche in questo modo, un problema di ordine pubblico all’interno degli uffici addetti che avrebbero immediatamente avvisato il PM Rainaudo, titolare dell’inchiesta contro Luigi e gli altri compagni.
Il 30 giugno l’avvocato Novaro ha presntato un istanza di scarcerazione ed entro pochi giorni sapremo quale sarà la decisione della Corte, sia sulla concessione degli arresti domiciliari connessi alla casa e al lavoro a Torino, sia su quella subordinata al confino di Davide e Luigi.
La mobilitazione dei compagni del CCP e di altri compagni solidali con Luigi e Davide ha sicuramente contribuito a sbloccare una situazione che altrimenti, passando sotto silenzio, avrebbe potuto prolungarsi per tutto il periodo che il massone PM Rainaudo, avrebbe ritenuto opportuno.
Invitiamo quindi tutti i compagni solidali con i compagni in carcere, a non abbassare la guardia e a mobilitarsi per tenere il fiato sul collo alle Autorità competenti, siano esse appartenenti alla magistratura che ai corpi di polizia, perché non possano violare impunemente le loro stesse leggi negando i diritti fondamentali dei prigionieri. La denuncia pubblica delle angherie di questi signori, affiancata alla mobilitazione concreta, sono elementi essenziali della lotta contro la repressione e strumenti efficaci per il sostegno e la liberazione dei compagni caduti nelle mani del nemico.


Collettivo Comunista Piemontese
colcompiemonte@yahoo.it
tel 3476558445

martedì 29 giugno 2010

LETTERA DAL CARCERE DELLE VALLETTE DI TORINO DEL COMPAGNO PRIGIONIERO LUIGI GIANI


Lettera di Luigi dal carcere delle Vallette di Torino

Venerdì 25.06.2010

Ciao compagni,
oggi ho ricevuto il primo colloquio con i miei famigliari, mio fratello e mia sorella. Ho saputo che nessun altro colloquio sarà mai permesso dal magistrato. Mi spiace per tutti quei compagni che ne hanno fatto richiesta. Inutile dire che vanno contro le loro stesse leggi. (…) Il confino nel quale vorrebbero relegarmi non avverrà e io resterò in carcere. Prospettiva ultima, visto che i miei, per buoni e comprensibili motivi, non possono accettarmi, è di attendere la fine della corte estiva che dovrebbe coincidere con il rientro a casa di un loro amico prete che sarebbe disposto a tenermi per tutto il periodo dei domiciliari, se il giudice deciderà in tal senso(…)
Sto però attendendo la risposta dell’avvocato sulla disponibilità ad ospitarmi, di una comunità vicino a Torino. (…) La solidarietà concreta dei compagni del CCP e degli altri non potrà certo garantire il mantenimento della casa di Torino in cui abito per pagare luce, gas e affitto (troppi soldi) per cui rimarrei con il culo per terra anche dal quel punto di vista. (…) La solidarietà così copiosa che mi ha seguito per tutto questo periodo, non riesce ancora a concretizzarsi nel trovarmi un posto dove confinarmi(…) Non intendo finire in casa di un prete, anche se solo per il tempo dei domiciliari e poi vorrebbe dire perdere casa e lavoro(…) Non è il carcere che mi spaventa, ma il fatto di rimanere qui, inutile ai compagni e lontano dall’impegno politico concreto che qui dentro resta un sogno senza senso. Oggi c’è stata parecchia agitazione al blocco B, perché la spesa ritarda di un giorno e intanto continuiamo ad essere trattati come animali.(…) Sto rifiutando quegli insulsi “gruppi” che ti propongono le gentili signore volontarie dove offrono le caramelle e ci sono i giornali da leggere tra cui Leggo,city, La Stampa, La Repubblica e L’immancabile Avvenire.(…)

So che state lottando per me e questo mi rafforza. Grazie compagni tutti.

Sempre a pugno chiuso, Luigi

sabato 26 giugno 2010

VOLANTINAGGIO ENTRATA COLLOQUI PARENTI DEI RECLUSI NEL CARCERE DELLE VALLETTE A TORINO


SOLIDARIETA’ CON I DETENUTI. DIRITTO AI COLLOQUI PER TUTTI. BASTA SOVRAFFOLLAMENTO

Sono passati due mesi dall’arresto (12 maggio) dei compagni Luigi, Davide e Luca per gli scontri durante lo sgombero della casa occupata Lostile del dicembre scorso.
Il 28 maggio il tribunale del riesame al quale i tre arrestati si erano appellati (insieme ad altri 13 compagni colpiti da misure restrittive) ha dato responso negativo sulla scarcerazione dei tre, ponendo soltanto il compagno Luca agli arresti domiciliari. Luigi e Davide restano in carcere con l’accusa di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
Dopo due mesi dall’arresto di Luigi e malgrado le ripetute domande che i compagni hanno fatto al Tribunale per andare a visitarlo, il PM Rinaudo non ha concesso alcuna autorizzazione e non è stata nemmeno resa nota una motivazione del diniego. Nemmeno a suo fratello hanno autorizzato ancora i colloqui Questa prassi sembra ripetersi di frequente per chi è detenuto nel carcere delle Vallette di Torino; ma quanto ci risulta in altre città del Nord Italia il diritto ai colloqui dei detenuti è maggiormente tutelato. Infine, il compagno Luigi dopo più di un mese si trova ancora rinchiuso nel settore “nuovi giunti”, un settore del carcere dove i detenuti dovrebbero rimanere soltanto il tempo necessario per le visite mediche. Un settore sprovvisto di televisione e con limitatissime agibilità dei detenuti che vi si trovano. Perché il compagno Luigi Giani è ancora ai nuovi giunti in una situazione di semi isolamento? Perché non può ricevere colloqui? Eppure sui colloqui l’ordinamento carcerario parla abbastanza chiaro:
I detenuti possono avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone. Anzi particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari. I detenuti possono avere quotidiani, periodici, libri. Ciascun detenuto è fornito di biancheria, vestiario e di effetti di uso in quantità sufficiente. Il permesso per avere un colloquio con un imputato in attesa del giudizio di 1°grado viene concesso dal PM. Un appellante, ricorrente o definitivo ha il diritto di essere visitato dai familiari o dal convivente. I non familiari devono richiedere il permesso al PM nel primo caso e alla Direzione nel secondo caso. (Art. 18 OP) I detenuti usufruiscono di 6 colloqui al mese (4 per i detenuti dell'art. 4bis). Durata massima del colloquio, 1 ora. A ciascun colloquio possono partecipare non più di 3 persone. (Art. 37 Reg)
Quasi un anno è trascorso dalla sentenza della Corte europea dei Diritti umani (16 luglio 2009) che ha condannato l’Italia a risarcire un detenuto recluso per mesi in una cella in cui per sé disponeva di meno di tre metri quadri. Una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea, un’ipotesi di tortura o trattamento inumano o degradante.
Oggi la situazione è peggiore di allora: pressoché in tutte le carceri italiane si riscontra una cronica situazione di sovraffollamento, che si aggrava durante l’estate a causa del clima caldo.
I detenuti (quelli poveri, perché i ricchi o non finiscono in galera o ne escono immediatamente, o se ci restano hanno sempre un trattamento di riguardo) si trovano in spazi ristretti e nella sporcizia, come hanno denunciato gli stessi prigionieri delle Vallette in alcune recenti lettere ai giornali. Il prossimo 20 settembre saranno dieci anni dall’entrata in vigore del nuovo Regolamento Penitenziario (varato appunto nel 2000), che guardava verso condizioni più dignitose di detenzione. In cinque anni era fissato il termine per adeguare le carceri ad alcuni parametri strutturali. Che ci fosse l’acqua calda, per fare solo un esempio. Ne sono passati dieci, di anni, e quasi ovunque gli edifici sono ancora inadeguati se non in condizioni peggiori.
Questa situazione carceraria sempre più insostenibile è causata dalla politica criminogena e repressiva attuata dalla classe dominante per arginare gli effetti della crisi di un sistema che produce soltanto miseria e morte per le masse popolari, mentre i ricchi si arricchiscono sempre di più.
Contro questa politica e gli effetti che ne derivano è necessario mobilitarsi in vario modo.
Siamo disposti a farlo con chiunque lo voglia, per sostenere le rivendicazioni dei detenuti e lottare con loro per condizioni di vita più dignitose.

Per contatti: colcompiemonte@libero.it 3476558445

mercoledì 23 giugno 2010

Stralci della lettera di Luigi di venerdì 18 giungo



(..) Stavo ascoltando radio Black Out e ho saputo del presidio volantinaggio davanti al tribunale per denunciare le violazioni dei diritti su di me e Davidono. Mi chiedo come mi considerano: di fatto terrorista a 41 bis, ma formalmente qualcosa d’altro? (…) Siamo sempre ai nuovi giunti, niente TV, niente di niente, ne fornelli e per mangiare soltanto lo schifo che ti passa la “casanza”. Vogliono vedermi chinare la testa?, Vogliono una mia dissociazione?, Un pentimento? O finalmente si saranno convinti che faccio parte della classe operaia e quindi, acerrimo nemico della merdosa borghesia che mi tiene prigioniero e mi nega i diritti che loro stessi hanno sancito(…) La situazione non cambia per me, le ultime proposte sono quelle di fare i domiciliari a casa di mio fratello in montagna (che non sarebbe dove è stato anche male) o la comunità (…) Ma di questo si interessa l’avvocato e in più mio fratello non può parlarmi visti i colloqui bloccati (…)

martedì 22 giugno 2010

PER L'UNITA' DEI COMUNISTI. COMUNICATO CONGIUNTO CCCE PROLETARI COMUNISTI.




Un nuovo passo in avanti nell’unità dei comunisti per il partito



Si è tenuto l’incontro della Commissione Congiunta di Proletari comunisti e del Coordinamento dei collettivi comunisti; incontro avente l’obiettivo di stabilire contenuti, tempi e percorso del processo di unità tra le due organizzazioni al servizio dell’unità più generale dei comunisti per la costruzione del partito comunista necessario al nostro paese, nell’epoca storica attuale e nella situazione attuale.



L’incontro è stato preceduto anche, ed è bene sottolinearlo, da un’indecente azione della polizia/Digos torinese che ha sottoposto la delegazione di Proletari comunisti giunta a Torino ad un immediato atteggiamento di controllo, fatto di pedinamenti e foto, ad opera di quattro agenti riconosciuti. Il riconoscimento e la reazione della delegazione di Proletari comunisti ha ottenuto l’allontanamento frettoloso della forza repressiva. Noi da un lato denunciamo con forza questa azione, dall’altro essa conferma l’attenzione e la pericolosità percepita dallo Stato e dal governo della borghesia rispetto all’avanzamento del processo di unità dei comunisti.



L’incontro si è svolto in un clima caloroso e unitario anche se franco nelle opinioni e nell’affrontare i temi, come è necessario che sia dato l’impegno, l’importanza e la qualità che questo passo richiede.



Temi importanti affrontati nella riunione: il maoismo, l’internazionalismo, il rapporto tra teoria e pratica in questo processo. Così come si è ritornati sulla valutazione da dare e i passi da fare in merito alla battaglia nel movimento comunista più generale nel nostro paese.

Un altro elemento significativo del dibattito è stato quello relativo alla lotta ideologica attiva, lotta tra le due linee, funzione e applicazione del centralismo democratico; temi importanti anche perché alla base, tra l’altro, della separazione tra i quadri e compagni del Coor.Coll.Com. e il Carc/(n)Pci.



L’incontro ha avuto un esito positivo. Sono stati definiti, integrati e precisati 10 punti a base del processo di unità tra le due organizzazioni, che saranno oggetto di sviluppo e confronto per raggiungere questa unità in un tempo definito genericamente di massimo un anno, ma che naturalmente entrambe le organizzazioni sperano di accorciare per rispondere alle esigenze politiche della lotta di classe e del movimento comunista.



Il contenuto del dibattito deve servire a confermare, rafforzare, specificare ulteriormente che il partito comunista che vogliamo costruire deve essere:

1. basato sul marxismo-leninismo-maoismo;

2. basato sulla strategia della guerra popolare adatta alle condizioni specifiche del nostro paese;

3. fondato sulla centralità operaia, che sia reparto d’avanguardia organizzato della classe operaia;

4. costruito nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse;

5. di tipo nuovo che attui una completa rottura nel campo dell’ideologia, della teoria, della organizzazione, della pratica con il revisionismo vecchio e nuovo;

6. saldamente interno al movimento comunista internazionale e in particolare a quello di orientamento marxista-leninista-maoista, con un forte legame con i partiti comunisti impegnati nelle guerre popolari;

7. che combatta attivamente l’economicismo e l’eclettismo teorico-politico;

8. alternativo alle due varianti elettoralismo e militarismo, presenti nel nostro campo;

9. che sappia far vivere al suo interno la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee e realmente attuare il centralismo democratico, alla luce delle esperienze negative che nel nostro campo ci sono state e che ancora ci possono essere;

10. consapevole che il grande lavoro per unire i comunisti nel nostro paese deve svilupparsi attraverso la lotta al settarismo come una delle deviazioni che ancora domina gran parte del movimento comunista.

Si è anche deciso che il dibattito su questi dieci punti possa essere condotto in forme aperte al fine di raccogliere l’attenzione e anche l’impegno di tutti i compagni organizzati e non che vogliono contribuire ed entrare nello spirito di questo percorso di unità. Invitiamo pertanto sin da ora chiunque voglia partecipare al dibattito ad inviare contributi (al momento utilizzando le caselle e.mail e i siti delle nostre organizzazioni).

Si è anche condiviso che questa unità, di quella che potremmo chiamare la componente marxista-leninista-maoista, non chiude il processo, ma anzi ne apre uno più ampio che permette l’avanzamento di tutto il movimento comunista e della battaglia per il partito.



L’importanza dell’incontro e il rapporto unitario che esso ha costituito e reso significativo si è mostrato nella convergenza nella pratica del lavoro comune che può fare da cemento e verifica e aiutare il processo di unità e il ruolo di esso nella più generale lotta di classe.

Su tre punti sono state prese decisioni operative:

1. il lavoro comune nelle fila della classe operaia, che comprende l’elaborazione di parole d’ordine comuni, piani di interventi in alcune fabbriche e realtà del ns paese, e la verifica di questo lavoro;

2. elaborare una proposta per unire il fronte di lotta contro la repressione statale contro le forze comuniste, le realtà proletarie e rivoluzionarie, le lotte politiche e sociali; per uscire dalla frammentazione, dalla lotta “ognuno per sé” che è una tendenza che deve essere superata;

3. la campagna a sostegno della guerra popolare in India, già lanciata a livello internazionale e nazionale e che vedrà l’impegno delle due organizzazioni nella promozione di meeting e delle altre attività.



È evidente che se a questa intesa, parole e progetto corrisponderà una elaborazione e una pratica conseguente, un passo in avanti e controcorrente verrà davvero fatto sarà dato un duro colpo alle concezioni e alla prassi dei dogmatici e dei settari. E borghesia, riformisti e opportunisti avranno di che preoccuparsi.



La Commissione Congiunta

15.6.2010

sabato 19 giugno 2010

L'ATTACCO CONTRO GLI OPERAI DI POMIGLIANO NON DEVE PASSARE!

Marchionne sta cercando di attuare il piano per il “rilancio della FIAT” che altro non è che il rilancio dei profitti a discapito della vita dei lavoratori, della loro dignità, dei loro diritti. A partire dalla chiusura di Termini Imerese e dal vergognoso e ignobile ricatto su Pomigliano D’Arco: “o accettate la cancellazione di tutti i vostri diritti o vi sbattiamo in mezzo a una strada”, la questione si lega strettamente al piano più generale, di Confindustria e governo, di abolire lo Statuto dei Lavoratori e il diritto di sciopero con la complicità dei dirigenti dei sindacati che si sono da subito resi disponibili e messi al loro servizio, come Angeletti e Bonanni.
Infatti, se i padroni fanno la loro parte cercando di ricattare gli operai e i sindacati, dall’altra il governo della banda Berlusconi fa la sua abolendo per decreto, pezzo dopo pezzo, gli articoli della Costituzione come l’ART.41, che limita ai padroni la possibilità di poter fare ciò che vogliono per logiche di mercato. Il capobanda Berlusconi del resto lo aveva detto pubblicamente qualche tempo fa di fronte all’assemblea degli industriali e poi a quella degli artigiani: “con questa Costituzione non è possibile governare”.
Ma per attuare il loro piano di lacrime e sangue contro i lavoratori, Marchionne, Marcegaglia e servi di governo devono ottenere il consenso più largo possibile che possa giustificare ogni azione anticostituzionale e antisindacale che i padroni intenderanno mettere in atto. Senza questo largo consenso, Marchionne e soci sanno bene che sarà per loro molto difficile riuscire a mettere in atto il loro piano contro la classe operaia. E’ per questo motivo che sono stati costretti a giocarsi la carta del ricatto di Pomigliano (per poi riuscire ad estenderlo agli altri stabilimenti) al fine di costringere la FIOM a legittimare, firmando l’accordo, le angherie padronali.
FIM e UILM, insieme, contano meno iscritti della sola FIOM e senza il benestare della FIOM diventerebbe impossibile qualsiasi tipo di manovra antioperaia. I padroni oggi hanno provato con il ricatto di Pomigliano, ma hanno trovato sulla loro strada il NO secco della più grande organizzazione sindacale dei metalmeccanici italiana. Il NO della FIOM all’accordo con Marchionne ha un significato molto più grande e più generale che va oltre la semplice contrattazione aziendale. Il NO della FIOM è un NO in difesa dello Statuto dei Lavoratori e della Costituzione italiana per la quale hanno dato la vita migliaia e migliaia di giovani, donne e uomini durante la Resistenza e la lotta di liberazione dal nazifascismo! La FIOM diventa quindi lo scoglio contro il quale si infrange l’arroganza dei padroni e dell’intera classe dominante. Un NO condiviso dalla maggior parte dei lavoratori i quali, al di la della loro appartenenza sindacale, hanno apportato la loro firma sull’appello per un assemblea generale lanciato dalla FIOM: 2500 firme e la FIOM conta 600 iscritti circa a Mirafiori. Sostenere la FIOM nella sua lotta è necessario ed è dovere di tutti i lavoratori e di tutti gli organismi politici che, in qualche misura, si rifanno agli interessi della classe operaia e delle masse popolari.
È interesse di tutti gli operai e di tutti i lavoratori che il piano FIAT per Pomigliano non passi. È interesse dei padroni farlo passare a tutti i costi. Non sarà facile quindi vincere la battaglia, ma perdere questa battaglia significa far retrocedere gravemente la posizione dei lavoratori. La fiducia che essi ancora accordano alla FIOM è oggi, ancora una volta, alla prova dei fatti. La FIOM questa volta deve quindi andare fino in fondo!
Usare ogni risorsa per mobilitare tutti gli operai e i lavoratori contro il piano FIAT.

Sotto la direzione del partito comunista, il più grande sindacato dei lavoratori italiani ha vinto grandi battaglie e ha strappato grandi conquiste. Oggi non esiste in Italia un partito comunista all’altezza del ruolo che ad esso compete. Ma la classe operaia può ricostruirlo anche a partire dalle lotte che oggi deve combattere e sulla base delle organizzazioni che oggi ha in mano.


lunedì 14 giugno 2010

APPELLO OSPITALITA' PER IL COMPAGNO PROGIONIERO LUIGI



STRALCI DI LETTERE DAL CARCERE DEL COMPAGNO LUIGI

(…) Oggi Davidino ed io abbiamo visto l’avvocato e l’unica condizione per ottenere i domiciliari è allontanarci da Torino. Nel mio caso, per legge, non esiste che io debba essere allontanato da Torino (una specie di soggiorno obbligato) ma questo allontanamento viene comunque messo in pratica. Vogliono tenerci distanti dalle lotte, vogliono allontanarci da Torino e dalla solidarietà dei compagni.

(…) ho saputo dell’attacco sionista alle navi della flottiglia, ho saputo del merdosissimo Ghiglia che si è acchiappato qualche calcio nel culo durante il corteo per la Palestina . L’infamia prosegue, giorno dopo giorno. Non posseggo una radio ma chi ce l’ha mi ha fatto sapere della grande solidarietà dai microfoni di radio Black Out. La solidarietà è un arma potente, dobbiamo usarla! (…) Gioco a pallone (quando c’è) nell’unica ora d’aria e il resto del tempo lo passo a leggere e a studiare, mi sono arrivati libri da Milano, da Roma. La solidarietà che mi giunge mi mantiene attivo, sia nel corpo che nella mente. Resto solo contrariato per i dissidi tra i gruppi dei compagni.

Fate sapere anche questo. Se durante la Resistenza le varie forze in campo hanno lottato unite ed hanno vinto, un motivo ci sarà stato!? O NO? Così saremo schiacciati e potremo dire grazie solo a noi stessi.



(…) Come prevedevo (ma un po, però ci speravo) il tribunale del riesame ha respinto la mia istanza di scarcerazione. Va beh, nessun cruccio, quando la lotta si fa dura…eccetera, eccetera. Uno stato che si autodefinisce democratico, quando incarcera chi si ribella alle angherie e alla polizia assassina, cala la maschera e si mostra in tutto il suo reale carattere post e parafascista.

(…) E’ uscito Luca e ne sono felice anche se sarei stato ancor più felice fosse uscito anche Davide. Sono giovani e di loro c’è molto più bisogno fuori!



(…) Oggi Davidino ed io abbiamo visto l’avvocato e l’unica condizione per ottenere i domiciliari è allontanarci da Torino. Nel mio caso, per legge, non esiste che io debba essere allontanato da Torino (una specie di soggiorno obbligato) ma questo allontanamento viene comunque messo in pratica. Vogliono tenerci distanti dalle lotte, vogliono allontanarci da Torino e dalla solidarietà dei compagni. Ovvio, scarcerano tossici e comuni (ben venga si capisce) , persone che non daranno fastidio al sistema. Vogliono un popolo di servi, gente che lavora ai loro ordini e senza una difesa attiva lo avranno. Mi servirebbe qualche compagno disposto ad ospitarmi fuori Torino per il periodo degli arresti.



Il compagno Luigi non inserisce mai la data nei suoi scritti ma gli stralci delle tre lettere sono in successione per ordine di tempo. Ribadiamo l'appelo del compagno luigi in relazine alla ricerca di una persona incensurata che abiti fuori Torino, disposta ad opsitarlo per l'eventuale periodo di arresi domicialiari!

giovedì 10 giugno 2010

VOLANTINO UDIENZA PROCESSO THYSSEN DEL 07.06.2010


L’ultima udienza del processo per omicidio volontario, contro i dirigenti stragisti della Thyssen Krupp, ha ribadito, con l’ultimo testimone della difesa, le corresponsabilità generali per la strage dei sette operai di Torino. Corresponsabilità di Istituzioni ed Enti istituzionali (commissioni regionali e comunali, ispettori del lavoro, tecnici e consulenti, Ministeri, ecc…) con i dirigenti della multinazionale tedesca. Da questo processo emergono palesemente i meccanismi economici, politici, giuridici e sociali di un sistema basato sul profitto e sullo sfruttamento di un pugno di ricchi ed opulenti parassiti ai danni di milioni di lavoratori e proletari e delle loro famiglie. Anche la Giustizia è parte integrante di questo sistema perché rappresenta l’apparato giudicante in merito all’applicazione o alla violazione delle leggi e dei regolamenti che reggono il sistema stesso. Il processo contro i dirigenti stragisti della Thyssen Krupp rappresenta, da questo punto di vista, un caso emblematico.
La Dott.ssa Di Bitonto, ultimo testimone della difesa e membro della commissione del Ministero dell’Ambiente che ispezionò la Thyssen nel giugno 2006 per conto del Ministero, non ha fatto altro che proseguire con il metodo della “mera lettura” delle risposte, che altri testi della difesa, prima di lei, avevano utilizzato ampiamente ma che, per ragioni a noi sconosciute, non era stato ravvisato nè dal PM Guariniello, nè dagli avvocati di parte civile e nemmeno dal Presidente della Corte Anna Iannibelli. Per rendere meglio l’idea dell’utilizzo improprio di documenti da parte dei testimoni, riportiamo stralci di un articolo apparso il 12 maggio 2010, sulle pagine web di Zipnews, A firma dell’Avv. Roberto Codebò, dal titolo “Thyssenkrupp: tra supporti alla memoria e deposizioni svuotate”
(…) , la dott.ssa Di Bitonto si è troppo spesso trincerata dietro i “non ricordo”, ricorrendo così ai numerosi documenti che teneva con sé. Sul punto, si entra in una questione assai delicata del processo penale. Recitano infatti i sacri principi del dibattimento che il testimone deve parlare sulla scorta della sua memoria (insomma, raccontare senza leggere); tali principi sono però temperati dalla possibilità che il teste stesso tenga con sé taluni documenti “in supporto alla memoria”. (…) Un tale supporto alla memoria, però non può né deve trasformarsi nella mera lettura delle risposte. Proprio ciò che è accaduto stamattina, con una teste impacciata, trincerata per l’appunto dietro la scarsa memoria dei fatti, intenta a frugare tra le carte in suo possesso dopo ogni domanda rivoltale da pubblici ministeri e avvocati. Scontate le obiezioni dell’accusa. (…) Sul piano tecnico, il peggio che possa accadere in un caso del genere è la sostanziale irrilevanza della deposizione. Dal punto di vista di chi commenta, e vorrebbe suggerire un rimedio, ancora una volta balza agli occhi l’impossibilità di tracciare i confini precisi di una regola: in quale punto finisce il supporto alla memoria, e comincia la mera lettura? In materia, una sola certezza: stamattina, quel punto è stato abbondantemente superato.
Tra regolamenti processuali e loro interpretazioni, tattiche ostruzionistiche degli avvocati, arroganti e offensivi atteggiamenti degli ”imputati eccellenti”, falsi testimoni e compiacenti rappresentanti degli Enti istituzionali, sta per concludersi il primo grado di un processo che viene definito“complesso”da PM, avvocati, parti civili, sindacalisti e giornalisti ma che dal punto di vista di noi lavoratori, è di una mostruosa e inconfutabile semplicità. Si tratta del processo contro la classe di sfruttatori e il loro sistema di sfruttamento, miseria e morte e contro chi, nascondendosi dietro alle leggi e ai regolamenti commissionati dai padroni, ne sancisce la legittimità bollando poi, come illegale, qualsiasi tentativo di contrastarlo e di abbatterlo! Per questo motivo, i proletari invece rivendicano, a fronte della legalità sancita dalle leggi borghesi, la legittimità della loro lotta contro questo sistema e contro chi lo sostiene e lo legittima!

lunedì 7 giugno 2010

PRESIDIO AL TRIBUNALE DI TORINO


Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le modalità previste dalla legge”. (art.10 della Costituzione italiana).

LIBERTA’ PER AVNI ER!
SI ALL’ASILO POLITICO IN ITALIA
NO ALL’ESPULSIONE IN TURCHIA

Il 10 giugno 2010 al Tribunale di Bari è in programma una nuova udienza di appello in cui viene discussa la richiesta di asilo politico in Italia di Avni Er, comunista turco che se espulso nel suo paese rischierebbe il carcere, la tortura e la morte, come è capitato a tanti altri suoi compagni che hanno avuto il coraggio di denunciare e combattere le violenze del regime turco, perpetrate in particolare nei confronti degli oppositori politici. Nella scorsa udienza del 18 maggio il giudice ha acquisito nuova documentazione presentata dai difensori di Avni, mentre d’altro canto l’Avvocatura dello Stato si è costituita parte avversa.
Il 28 maggio poi il governo italiano ha risposto all’interrogazione parlamentare presentata dal deputato Dario Ginefra del PD sulla richiesta di status di rifugiato politico presentata da Avni Er (consultabile insieme agli altri documenti sul sito www.avni-zeynep.net). In essa il sottosegretario all’Interno Michelino Davico afferma tra l’altro: “La competenza del Ministero dell’interno si esaurisce con la pronuncia della Commissione territoriale che - tengo a sottolinearlo - ha trattato l’istanza nel pieno rispetto dei termini. Ogni valutazione sulla legittimità della decisione adottata da quest’ultima è riservata alla competente Autorità giudiziaria, nei confronti delle cui decisioni il Governo non può esercitare alcuna forma di condizionamento, per rispetto ai principi di autonomia e indipendenza sanciti dalla Costituzione.”
Sappiamo tutti che questo corretto pronunciamento spesso rimane sulla carta in quanto le prese di posizione contro questo o quel giudice (nonché nei confronti della magistratura in generale) sono prassi frequente da parte di diversi esponenti della maggioranza di governo, e ciò è avvenuto anche riguardo al caso specifico di Avni Er.
Altra circostanza emblematica di quello che è il contesto nel quale si sta giocando questa partita è stata la pubblicazione del rapporto 2010 di Amnesty International, che contiene aspre critiche alla politica italiana nei confronti dell’immigrazione e all’operato della polizia in alcuni casi eclatanti (Emmanuel Bonsu, Stefano Cucchi); contro questo rapporto è insorto lo stesso ministro Frattini, definendolo “indegno”!
In sostanza quello di Avni può essere visto come un caso specifico di una lotta più generale per la difesa dei più elementari diritti umani, che in molte circostanze nel nostro paese vengono già apertamente violati, e per questo a maggior ragione invitiamo tutti gli individui, le associazioni, le forze politiche moralmente sensibili a prendere in vario modo posizione in suo favore.

firmiamo l’appello di Amnesty International in difesa di Avni Er
(http://www.amnesty.it/rimpatrio_tortura_turchia.html)

PRESIDIO AL TRIBUNALE DI TORINO
GIOVEDI 10 GIUGNO DALLE 9.00
in concomitanza con l’udienza di Bari

sabato 5 giugno 2010

DENUNCIAMO GLI ABUSI SUI PRIGIONIERI E LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEI LORO DIRITTI!


E’ ormai passato un mese dall’arresto dei compagni Luigi, Davide e Luca, per gli scontri durante lo sgombero de L’Ostile del dicembre scorso. Il tribunale del riesame al quale i tre arrestati si erano appellati, con altri 13 compagni denunciati, chi ai domiciliari, chi a piede libero, ha dato responso negativo sulla scarcerazione dei tre, ponendo soltanto il compagno Luca agli arresti domiciliari. Luigi e Davide restano in carcere.
Dopo più di un mese dal suo arresto e malgrado le ripetute domande che i compagni del nostro collettivo, hanno fatto al Tribunale di Sorveglianza per andare a visitarlo, non è stata concessa, dal Tribunale, alcuna autorizzazione e non è stata nemmeno resa nota alcuna motivazione del diniego.
Di Davide non abbiamo ancora informazioni certe ma crediamo si trovi nelle stesse condizioni del compagno Luigi.
E’ inaccettabile che dopo quasi un mese dal suo arresto, il compagno Luigi non possa ricevere le visite dei compagni che ne fanno richiesta. Il Tribunale di Sorveglianza di Torino deve rendere note le motivazioni del diniego e definire quale è la posizione carceraria del compagno Luigi il quale, per altro, ufficialmente, non si trova nemmeno in isolamento!
Quindi di che si tratterebbe? Il compagno Luigi è sottoposto ad “isolamento non dichiarato”, impedendo che riceva le visite alle quali egli ha diritto? In questo caso si tratterebbe di un abuso gravissimo che non può certo passare sotto silenzio. Ma anche se si trattasse di questioni legate alla burocrazia del Tribunale, si tratterebbe comunque di una grave violazione dei diritti fondamentali del prigioniero!
I servi della dittatura democratica dello Stato borghese intendono, forse, farla pagare comunque al compagno Luigi, anche a costo di violare le loro stesse regole e leggi? Noi crediamo di si e non intendiamo fare passare sotto silenzio nemmeno una delle violazioni (palesi o mascherate da impedimenti burocratici) dei diritti umani, civili e politici, che questo governo parafascista, per mano dei suoi servitori, tenta di sopprimere.
Pretendiamo che venga fatta chiarezza sulla condizione di prigioniero del compagno Luigi e che vengano rese note le motivazioni del diniego alle ripetute richieste di colloquio che i nostri compagni hanno inoltrato al Tribunale!
Non è ammissibile che dopo un mese di carcerazione preventiva un prigioniero non abbia ancora avuto la possibilità di un colloquio!

LIBERTA’ PER I COMPAGNI PRIGIONIERI! ESTENDIAMO LA SOLIDARIETA’ NEI LORO CONFRONTI!
CONTRO LA REPRESSIONE NON SI TACE, NESSUNA GIUSTIZIA NESSUNA PACE!

venerdì 4 giugno 2010

Volantino in diffusione a Mirafiori, lunedì 7 giugno OPERAI, LAVORATORI: PRENDIAMO IN MANO IL NOSTRO DESTINO!


Tutti noi operai sappiamo in cosa consiste il piano Marchionne, amministratore delegato della FIAT, ma è sempre bene ripeterlo: chiudere Termini Imerese, inserire i 18 turni, applicando il WCM, tagliare le pause da 40 a 30 minuti, spostare la pausa pranzo alla fine dei turni di lavoro, inserire la mobilità interna durante i turni, eliminare il disagio linea, il premio mansione e i premi specialiTutti noi operai ci rendiamo ben conto di cosa significhi tutto ciò e di quanto andrà ad incidere sulla nostra busta paga, ma anche sulla nostra vita di tutti i giorni in quanto, oltre a fare sempre più fatica a pagare l’affitto, le bollette e la spesa, ci troveremo ad avere sempre meno tempo per noi stessi e per le nostre famiglie. Ci ritroveremo a dovere sottostare completamente ai tempi e alle esigenze dei signori della FIAT, i quali non si fanno certo alcuno scrupolo nel toglierci anche quel poco di relazioni famigliari e sociali che ci rimangono. E’ per tutti questi motivi che è necessario pretendere che il piano Marchionne venga spiegato e messo in discussione con tutti gli operai!
Per ottenere un’assemblea degli operai, che i dirigenti degli altri sindacati non vogliono perché favorevoli ad un piano di ulteriore sfruttamento e povertà, la FIOM ha già raccolto circa 2500 firme a Mirafiori. Considerando che a Mirafiori la FIOM conta 600 iscritti, le 1900 firme (e non è poco!) che rimangono, sono quelle di operai iscritti ad altri sindacati. Ciò significa che i dirigenti degli altri sindacati, volenti o nolenti, devono accettare che l’assemblea di tutti i lavoratori si faccia, perché i lavoratori devono decidere il proprio destino; i sindacati devono essere uno strumento nelle mani dei lavoratori!
Prima di sedersi al tavolo della trattativa, i dirigenti dei sindacati devono consultare noi lavoratori e soltanto dopo avere avuto il nostro mandato possono andare al tavolo delle trattative portando le nostre richieste, non il contrario, come succede sistematicamente! Ma l’assemblea deve essere un momento in cui si tratta non solo dei problemi specifici interni alla fabbrica, ma anche delle condizioni di vita in generale dei lavoratori e si decide insieme di mobilitarsi per difenderle e migliorarle!
Molte delle nostre famiglie sono ormai “alla canna del GAS”: i salari al minimo e il costo della vita insopportabile. Spese mediche, scuola, casa e mezzi pubblici sono sempre più costosi mentre padroni (sempre più ricchi) e governo (di imbroglioni e mafiosi) vogliono farci fare ulteriori sacrifici. Chiedono sacrifici alle masse popolari e intanto si comprano gli yachts di lusso come ha fatto il figlio di Berlusconi o i parlamentari si danno stipendi di 20.000 € al mese. Quanto potremo ancora andare avanti?
E’ necessario organizzarci e ribellarci allo sfruttamento e all’impoverimento mettendo in campo forme di lotta adeguate ad ottenere ciò che ci spetta: disobbedienza civile, autoriduzione delle tariffe, degli affitti, delle spese ospedaliere o scolastiche, dei biglietti dei mezzi pubblici, ecc. Ma più di ogni altra cosa dobbiamo organizzarci ed unire le nostre forze.
Già in mille modi ogni proletario cerca di cavarsela come può. Ma contro ogni proletario isolato si schierano compatte le autorità, i controllori, i poliziotti e ogni servo dei padroni.
L’unità dei proletari contro i soprusi, in difesa del diritto di ogni lavoratore ad avere quanto gli serve per una vita dignitosa per sé e per la sua famiglia; l’unità per opporsi con forza e con successo all’ingiustizia di chi ci sfrutta e ci opprime è l‘unità nella lotta e l’unità nel partito e a fianco del partito.
Oggi questo tipo di unità è tutta da costruire, dopo che i partiti che si dichiaravano paladini dei lavoratori si sono svenduti ai padroni. L’unità nella lotta e l’unità nel partito è il compito che noi operai più decisi dobbiamo assumerci in prima persona.
Dobbiamo riprendere in mano il nostro destino imponendo di ottenere quello che ci spetta. Noi siamo il motore e la benzina dell’intera società: diventiamone anche il pilota!
Operai, lavoratori: lottiamo con determinazione per difendere i nostri diritti e uniamoci nella ricostruzione del partito comunista!