Marchionne sta cercando di attuare il piano per il “rilancio della FIAT” che altro non è che il rilancio dei profitti a discapito della vita dei lavoratori, della loro dignità, dei loro diritti. A partire dalla chiusura di Termini Imerese e dal vergognoso e ignobile ricatto su Pomigliano D’Arco: “o accettate la cancellazione di tutti i vostri diritti o vi sbattiamo in mezzo a una strada”, la questione si lega strettamente al piano più generale, di Confindustria e governo, di abolire lo Statuto dei Lavoratori e il diritto di sciopero con la complicità dei dirigenti dei sindacati che si sono da subito resi disponibili e messi al loro servizio, come Angeletti e Bonanni.
Infatti, se i padroni fanno la loro parte cercando di ricattare gli operai e i sindacati, dall’altra il governo della banda Berlusconi fa la sua abolendo per decreto, pezzo dopo pezzo, gli articoli della Costituzione come l’ART.41, che limita ai padroni la possibilità di poter fare ciò che vogliono per logiche di mercato. Il capobanda Berlusconi del resto lo aveva detto pubblicamente qualche tempo fa di fronte all’assemblea degli industriali e poi a quella degli artigiani: “con questa Costituzione non è possibile governare”.
Ma per attuare il loro piano di lacrime e sangue contro i lavoratori, Marchionne, Marcegaglia e servi di governo devono ottenere il consenso più largo possibile che possa giustificare ogni azione anticostituzionale e antisindacale che i padroni intenderanno mettere in atto. Senza questo largo consenso, Marchionne e soci sanno bene che sarà per loro molto difficile riuscire a mettere in atto il loro piano contro la classe operaia. E’ per questo motivo che sono stati costretti a giocarsi la carta del ricatto di Pomigliano (per poi riuscire ad estenderlo agli altri stabilimenti) al fine di costringere la FIOM a legittimare, firmando l’accordo, le angherie padronali.
FIM e UILM, insieme, contano meno iscritti della sola FIOM e senza il benestare della FIOM diventerebbe impossibile qualsiasi tipo di manovra antioperaia. I padroni oggi hanno provato con il ricatto di Pomigliano, ma hanno trovato sulla loro strada il NO secco della più grande organizzazione sindacale dei metalmeccanici italiana. Il NO della FIOM all’accordo con Marchionne ha un significato molto più grande e più generale che va oltre la semplice contrattazione aziendale. Il NO della FIOM è un NO in difesa dello Statuto dei Lavoratori e della Costituzione italiana per la quale hanno dato la vita migliaia e migliaia di giovani, donne e uomini durante la Resistenza e la lotta di liberazione dal nazifascismo! La FIOM diventa quindi lo scoglio contro il quale si infrange l’arroganza dei padroni e dell’intera classe dominante. Un NO condiviso dalla maggior parte dei lavoratori i quali, al di la della loro appartenenza sindacale, hanno apportato la loro firma sull’appello per un assemblea generale lanciato dalla FIOM: 2500 firme e la FIOM conta 600 iscritti circa a Mirafiori. Sostenere la FIOM nella sua lotta è necessario ed è dovere di tutti i lavoratori e di tutti gli organismi politici che, in qualche misura, si rifanno agli interessi della classe operaia e delle masse popolari.
È interesse di tutti gli operai e di tutti i lavoratori che il piano FIAT per Pomigliano non passi. È interesse dei padroni farlo passare a tutti i costi. Non sarà facile quindi vincere la battaglia, ma perdere questa battaglia significa far retrocedere gravemente la posizione dei lavoratori. La fiducia che essi ancora accordano alla FIOM è oggi, ancora una volta, alla prova dei fatti. La FIOM questa volta deve quindi andare fino in fondo!
Usare ogni risorsa per mobilitare tutti gli operai e i lavoratori contro il piano FIAT.
Sotto la direzione del partito comunista, il più grande sindacato dei lavoratori italiani ha vinto grandi battaglie e ha strappato grandi conquiste. Oggi non esiste in Italia un partito comunista all’altezza del ruolo che ad esso compete. Ma la classe operaia può ricostruirlo anche a partire dalle lotte che oggi deve combattere e sulla base delle organizzazioni che oggi ha in mano.
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