lunedì 31 gennaio 2011

Volantino in diffusione all'udienza THYSSEN del 01.02.2010


Sabato 29 gennaio la pagina 21 de “La Stampa” era dedicata tutta alle “imprese forensi” dell’avv. Coppi difensore dei dirigenti stragisti della Thyssen. Il quadro che emergeva dall’intervista della giornalista Maria Corbi, era quello di un avvocato irreprensibile e vincente che non solo difenderebbe uomini potenti del calibro di Gabetti, Grande Stevens, Andreotti, l’ex ministro Gui ( assolto per lo scandalo LOCKHEED), fascisti dello stampo del Gen. Vito Miceli del MSI (assolto al processo per il golpe Borghese) ed ora i dirigenti della Thyssen accusati di omicidio volontario ma, colto da un “irresistibile passione per il caso umano” e “guidato dall’istinto”, ha assunto la difesa di Sabrina Misseri accusata di avere ucciso la sua amica Sarah Scazzi. Molto probabilmente l’avv. Coppi aveva bisogno di un intervista su di un quotidiano nazionale per rifarsi la facciata dopo la sua infausta e denigratoria arringa durante la scorsa udienza del processo Thyssen! Altrimenti non sarebbe giustificabile il motivo per cui, giornalisti esperti, prima di un intervista, non siano andati a fondo nell’ inchiesta sul personaggio da intervistare, cosa che per altro, quando si tratta di proletari impegnati in politica o nel sociale, viene svolta in maniera approfondita sino a scavare anche nella loro intimità!
Se la giornalista Maria Corbi si fosse applicata professionalmente, avrebbe scoperto anche che “l’irreprensibile” avv. Coppi difese Pollari del SISMI sulla questione del rapimento di Abu Omar e che, alle domande dei magistrati, Polaari non rispose sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato.
Il suo avvocato, Franco Coppi, affermò che il suo assistito era impossibilitato a difendersi: il segreto di Stato glielo impediva. Ma chiunque abbia un minimo di nozione giuridica sa che non è vero! Il diritto alla difesa è un diritto costituzionalmente garantito e non può essere limitato da una legge, quale è appunto quella che istituisce il segreto di Stato. Pollari poteva utilizzare tutte le carte che voleva per difendersi, anche quelle coperte dal segreto di Stato. E’ interessante, però, sottolineare come lo stesso tentativo fosse già stato fatto, in passato, sempre dall’avvocato Franco Coppi, per difendere un altro (guarda caso) Generale del SISMI coinvolto in un gravissimo scandalo: il generale massone, iscritto alla loggia P2, Pietro Musumeci. Anche in quell’occasione il tentativo dell’avv Coppi fallì, e il Generale Musumeci venne poi condannato, in via definitiva, nel processo per la strage di Bologna a 8 anni e 5 mesi.
Coppi, nato in Libia nel 1938 dove il padre, (guarda caso) dirigente FIAT, fu inviato dall’azienda del regime fascista, difese anche l’ex capo della polizia Di Gennaro al processo per l’irruzione alla scuola Diaz di Genova durante il G8 2001, per i depistaggi che seguirono alle torture e ai pestaggi subiti dai manifestanti. Ricorderemo le finte molotov portate proprio dalla polizia su indicazione dello stesso Di Gennaro poi condannato in appello a un anno e 4 mesi di reclusione. Altro che vincente avvocato, tanto legato all’applicazione delle leggi e al rispetto per la giustizia! Contro prova ne è che durante la sua arringa alla scorsa udienza del processo Thyssen, Coppi affermava che “se fosse stato parente delle vittime, forse avrebbe reagito anche peggio” di come hanno reagito i famigliari dei 7 operai morti abbandonando l’aula, ma ricordava che lui, come i suoi colleghi, sono avvocati e che fanno il loro dovere né più, né meno, dei Pubblici Ministeri! “Prestano il loro contributo affinché la legge venga applicata”! Sarebbe portare un “contributo alla giustizia” chiamare a deporre testimoni (poi risultati falsi e indottrinati) senza verificare la veridicità delle loro testimonianze ?! Alla faccia del contributo alla giustizia!
L’avv, Coppi, forse nell’ultimo disperato patetico tentativo di impietosire la giuria popolare e l’opinione pubblica, ha affidato la cura del suo look ai pennivendoli de “La Stampa” i quali farebbero meglio a seguire con maggiore attenzione le ragioni dei famigliari dei 7 operai morti sulla linea 5 dello stabilimento di Torino invece di occuparsi dell’immagine di un avvocato legato agli ambienti dell’eversione nera e dei servizi segreti deviati.

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