sabato 1 settembre 2012

LAVORO,SICUREZZA E AMBIENTE FANNO PARTE DI UN UNICA LOTTTA









Il GIP Patrizia Todisco ha disposto il fermo di 6 impianti a caldo dell’ILVA di Taranto, ipotizzando il rischio di un disastro ambientale consapevolmente prodotto per la logica del profitto. Che lo stabilimento siderurgico fosse una terribile fonte di dispersione incontrollata di sostanze nocive per la salute umana, era ben noto a tutti, scrive il magistrato, che sottolinea altresì l’assoluta insufficienza degli strumenti








adottati dai vertici aziendali per scongiurare il degrado di interi quartieri e di Taranto," nell’evidente intento di








contenere il budget di spesa". " per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza".








Contro la prospettiva della chiusura del siderurgico e la perdita del lavoro e del salario, a Taranto si è sviluppata la mobilitazione più grande e agguerrita degli ultimi tempi. Gli operai scesi in piazza hanno scoperto la propria forza. E hanno fatto paura, quella vera, quella che fa vacillare il potere padronale e degli apparati politici e di mediazione chi collusi e chi asserviti con gli interessi del padrone. E’ una situazione difficile, complessa, conflittuale, che si manifesta attraverso una apparente contraddizione tra i cittadini, e gli operai dell’ILVA, chi in difesa dell’ambiente, chi del lavoro e del salario.








Coloro che speravano nella contrapposizioni tra operai e cittadini di Taranto, sono rimasti delusi dal fatto evidente che la contraddizione è diventata occasione di unità tra rivendicazioni in apparenza diverse tra loro. Questa unità non riguarda solo gli operai di Taranto o il comparto siderurgico, ma tutto il mondo del lavoro. Pochi mesi or sono, altre migliaia di operai, quelli del Gruppo FIAT, con l’arma del ricatto occupazionale puntata alla tempia, avevano svenduto la propria dignità di lavoratori firmando i nuovi e più vessatori contratti, che imponevano più sfruttamento e schiavitù. Quindi, evidenziando le gravi responsabilità delle burocrazie sindacali asservite ai burattinai politici e padronali, degli apparati di governo del Paese che prima degli attuali padroni hanno avuto la gestione dell’insano sito industriale, della stessa magistratura che solo dopo decenni si è accorta che la fabbrica inquina pesantemente il territorio, non bisogna perdere di vista chi è il vero nemico da abbattere, artefice di questo ennesimo scempio della classe: i nemici sono i padroni sfruttatori e i loro servi della politica, di destra o della così detta sinistra alla Bersani i quali si godono sulle spalle di milioni di lavoratori! Chi ha gestito l’ILVA, ha continuato nell’attività inquinante con coscienza e volontà.








Il caso ILVA è l’emblema della vera ed unica contraddizione: quella tra capitale e lavoro! La sicurezza e la salute pubblica si traducono necessariamente in meno profitto per i padroni e, nel capitalismo, se non c’è profitto, ne fa le spese l’intero schifoso sistema. Ma le masse popolari hanno mostrato di essere unite dalla comune battaglia per la salute e la tutela dell’ambiente, lotta, questa, che coincide perfettamente con quella che milioni di operai devono affrontare quotidianamente per ottenere sicurezza sui posti di lavoro. L’impianto di Taranto, uno dei più importanti d’Europa, deve essere messo a norma di modo che, in sicurezza e nel rispetto dalla salute di operai e cittadini, la produzione possa continuare.








Il padron RIVA e chiunque fosse stato implicato nelle varie sporche operazioni di raggiro, deve pagare sia in termini di risanamento degli impianti e del territorio cittadino contaminato, sia in termini penali. Allo stesso modo devono essere severamente colpiti i vari servi e servetti della politica che, in tutti questi anni, non sono mai intervenuti sulla nota grave situazione ambientale e lavorativa e che, invece, hanno fatto “pappa e ciccia” con i padroni regalando loro uno stabilimento che era dello Stato e cioè (come dovrebbe essere ma non lo è) di tutti gli italiani. Inoltre, il padron RIVA e i suoi scagnozzi, devono garantire lo stipendio alle migliaia di lavoratori bloccati a causa delle sue mortali speculazioni, tese soltanto al profitto.








Sono questi i contenuti di una mobilitazione che deve coinvolgere e unire anche tutta la cittadinanza tarantina e quella degli altri siti industriali posseduti da RIVA. Quella che oggi si presenta è una
storica rottura tra lavoratori, un sindacalismo venduto e di facciata, la classe padronale e politica. E’ una preziosa occasione per condurre una vera lotta di popolo: operai, studenti e famiglie in piazza e nell’occupazione dello stabilimento contro i padroni assassini e questo sistema infame che sostiene e legittima lo sfruttamento dell’uomo e della natura

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