giovedì 16 aprile 2009

J. Stalin sulla critica e l'autocritica


(…) Io so che nelle file del partito ci sono alcuni elementi che non amano la critica in generale e l’autocritica in particolare. Costoro, che potrei chiamare comunisti «leccati» (ilarità), non fanno che brontolare, respingendo l’autocritica; essi dicono: ancora questa maledetta autocritica, di nuovo si tirano fuori le nostre deficienze, non ci possono lasciar vivere tranquilli? È chiaro che questi comunisti «leccati» non hanno niente a che vedere con lo spirito del nostro partito, con lo spirito del bolscevismo. E così, dato che esistono simili tendenze in elementi che sono ben lontani dall’accogliere la critica con entusiasmo, è permesso chiedere: ci è necessaria l’autocritica, di dove proviene essa e quali sono i suoi vantaggi?

Penso, compagni, che l’autocritica ci è necessaria come l’aria, come l’acqua. Penso che senza di essa, senza l’autocritica, il nostro partito non potrebbe progredire, non potrebbe mettere a nudo le nostre piaghe, non potrebbe liquidare le nostre deficienze. E le nostre deficienze sono numerose. Questo si deve riconoscere apertamente e onestamente.

La parola d’ordine dell’autocritica non può essere considerata come una parola d’ordine nuova. Essa costituisce il fondamento stesso del partito bolscevico. Essa costituisce il fondamento del regime della dittatura del proletariato. Se il nostro Paese è il paese della dittatura del proletariato, e questa dittatura è diretta da un solo partito, il partito dei comunisti, che non divide e non può dividere il potere con altri partiti, non è forse chiaro che noi stessi dobbiamo scoprire e correggere i nostri errori, se vogliamo progredire; non è forse chiaro che non vi è nessun altro che possa mettere a nudo e correggere questi errori? Non è chiaro, compagni, che l’autocritica deve essere una delle forze più importanti che danno impulso al nostro sviluppo?

La parola d’ordine dell’autocritica ha avuto uno sviluppo particolarmente vigoroso dopo il XV congresso del nostro partito. Perché? Perché, dopo il XV congresso, che ha liquidato l’opposizione, si è creata nel partito una nuova situazione di cui non possiamo non tener conto.

In che consiste la novità di questa situazione? Nel fatto che da noi non esiste più o quasi più opposizione, nel fatto che, data la facile vittoria sull’opposizione, vittoria che rappresenta di per sé un importantissimo vantaggio per il partito, si può creare nel partito il pericolo di dormire sugli allori, di darsi al quieto vivere e di chiudere gli occhi sulle deficienze del nostro lavoro.

La facile vittoria sull’opposizione è un grandissimo vantaggio per il nostro partito. Ma essa nasconde in sé particolari lati negativi, consistenti nel fatto che il partito può permearsi di un senso di sufficienza, di autoammirazione e dormire sugli allori. Ma che cosa significa dormire sugli allori? Significa mettere una croce sul nostro movimento in avanti. E perché questo non accada ci è necessaria l’autocritica, non la critica astiosa e sostanzialmente controrivoluzionaria svolta dall’opposizione, ma la critica onesta, aperta, l’autocritica bolscevica.(…)
(…)C’è ancora un’altra circostanza che ci spinge all’autocritica. Mi riferisco alla questione delle masse e dei capi. Negli ultimi tempi si sono incominciati a creare da noi alcuni rapporti originali fra i capi e le masse. Da un lato, è emerso nel nostro Paese, si è formato storicamente, un gruppo di dirigenti, la cui autorità si accresce sempre più, e che diviene quasi inaccessibile alle masse. Dall’altro lato, le masse della classe operaia prima di tutto, le masse dei lavoratori in genere, si elevano con straordinaria lentezza, incominciano a guardare ai capi dal basso in alto, aguzzando gli occhi, e non di rado hanno timore di criticare i loro capi.

Naturalmente il fatto che da noi si è formato un gruppo di dirigenti che hanno raggiunto un altissimo livello e che hanno una grande autorità, questo fatto è di per sé una grande conquista del nostro partito. È chiaro che se non esistesse questo gruppo autorevole di dirigenti sarebbe inconcepibile dirigere un grande paese. Ma il fatto che i capi, salendo, si allontanano dalle masse, e le masse incominciano a guardare ad essi dal basso in alto, non osando criticarli, questo fatto non può non creare un certo pericolo di distacco dei capi dalle masse e di allontanamento delle masse dai capi.

Questo pericolo può avere come conseguenza che i capi possono divenire presuntuosi e ritenersi infallibili. E che cosa ci può essere di buono nel fatto che gli alti dirigenti divengono presuntuosi e incominciano a guardare le masse dall’alto in basso? È chiaro che da questo non può uscire altro che la rovina del partito. Ma noi vogliamo andare avanti e migliorare il nostro lavoro, e non causare la rovina del partito. E precisamente per andare avanti e migliorare i rapporti fra le masse e i capi, si deve tenere perennemente aperta la valvola dell’autocritica, si deve dare agli uomini sovietici la possibilità di «lavar la testa» ai loro capi, di criticare i loro errori, affinché i capi non diventino presuntuosi e le masse non si allontanino dai capi.

Talvolta si confonde la questione delle masse e dei capi con la questione dell’avanzamento dei quadri. Questo è sbagliato compagni. Non si tratta dell’avanzamento di nuovi capi, sebbene questo meriti l’attenzione più seria del partito. Si tratta di salvaguardare i capi più autorevoli e che occupano già un posto elevato, organizzando un contatto permanente e indistruttibile fra questi capi e le masse. Si tratta di organizzare, attraverso l’autocritica e la critica delle nostre deficienze, una larga opinione pubblica del partito, una larga opinione pubblica della classe operaia, come controllo morale, vivo e vigilante, la cui voce deve essere attentamente ascoltata dai capi più autorevoli, se vogliono conservare la fiducia del partito, la fiducia della classe operaia.(…)

La Resistenza accusa e… rilancia!!!



Oggi assistiamo indignati alla rivalutazione del fascismo e dei fascisti, tramite la revisione storica, lo sdoganamento e la legittimazione di partiti o gruppi che si rifanno chiaramente al fascismo, che espongono i loro simboli con tanto di celtiche, fasci littorio e svastiche sulle loro bandiere, che salutano romanamente, che dichiarano che il Duce e Hitler furono grandi statisti, che negano l’olocausto, le deportazioni e gli stermini. Sono i partiti e i gruppi rappresentati dagli stessi signori che siedono oggi sugli scranni del Parlamento italiano o di quello europeo, che hanno ottenuto l’agibilità e riconoscimento politico durante le campagne elettorali, riconosciuti e legittimati anche dai dirigenti della sinistra borghese che magari si riempiono la bocca di antifascismo ma poi condannano e cercano di isolare chi, l’11 marzo 2006 a Milano, l’antifascismo lo ha messo in pratica cercando di togliere la piazza alle parate delle nuove squadracce fasciste e per questo è stato incarcerato e condannato a 4 anni di carcere. Mentre gli antifascisti vengono caricati dalla polizia (come all’Università di Torino), arrestati e condannati, i fascisti possono impunemente, protetti da centinaia di carabinieri e poliziotti, dare luogo a convegni di nazifascisti a livello europeo come quello organizzato da Forza Nuova svoltosi a Milano il 5 aprile scorso al quale hanno partecipato gli esponenti nazifascisti di mezza Europa. L’atteggiamento repressivo di una parte importante di Polizia e Carabinieri nei confronti degli antifascisti e in generale, di chi alza la testa per difendere i propri diritti e per ottenerne di nuovi, si è reso sempre più evidente dalle giornate di Genova 2001 in poi. Canti fascisti e saluti romani accompagnavano le torture inflitte da polizia e carabinieri nella caserma di Bolzaneto. Sono infatti ex carabinieri e poliziotti che promuovono organismi dichiaratamente fascisti e paramilitari, legali o extralegali, come la GNI con sede nazionale a Torino (Guardia Nazionale Italiana) di Maurizio Correnti (alpino in congedo) e del colonnello dei carabinieri Augusto Calzetta. (…)la “Guardia nazionale italiana” marcia in un delirio di riferimenti nazifascisti, labari, scarponcini neri, stendardi ed effigi: «Pantaloni neri con banda gialla laterale, cappello rigido con visiera nero con aquila imperiale romana in alto e sottostante bottoncino tricolore, altresì ruota solare». La Schwarzesonne, il misterioso ordine esoterico legato al misticismo nazista.(…) (da L’Unità del 4 aprile 2009).
La commistione tra alcuni apparati delle forze dell’ordine e i gruppi nazifascisti ha però origini remote come dimostra l’intervento di Pietro Secchia in un discorso al Senato nel lontano 1948: (…) Ma chi sono i dirigenti delle forze di polizia?(…) Sono gli ex dirigenti dell’OVRA, gli ex fascisti repubblichini e molti gerarchi della milizia fascista(…)Potrei dirvi quale era la loro posizione dell’epoca del fascismo e quale la loro posizione oggi nei ruoli del dipartimento della polizia anche se speso la loro funzione è opportunamente coperta da incarichi generici. Si cerca di farli passare come elementi che hanno incarichi assai meno delicati di quelli che svolgono veramente(…)Questi uomini che per oltre vent’anni hanno servito il regime della tirannia nelle loro funzioni più sporche e criminali sarebbero, per il Ministro dell’interno e per l’attuale governo, uomini imparziali adatti a tutelare la Costituzione repubblicana(…)Li avete assunti in servizio e messi a posti di responsabilità proprio perché erano fascisti, proprio perché avevano la competenza e le capacità tecniche per lottare contro i lavoratori(…)per violare le norme costituzionali, per violare la legge senza lasciare prove, per commettere ogni sorta di arbitri e di violenze senza lasciare tracce.(…)Costoro non possono giudicare i partigiani, i lavoratori e gli antifascisti. Ne sono indegni!(…)
La Resistenza continua perché, a differenza di come vorrebbero farci credere coloro che aspirano alla riappacificazione nazionale per eliminare i conflitti di classe in favore degli interessi esclusivi della classe dominante, il fascismo non è un opinione sulla quale poter essere d’accordo o meno. Il fascismo è stata ed è un operazione politica della borghesia è stata (al fine di soffocare le sollevazioni operaie e contadine e l’avanzata della prima ondata della rivoluzione socialista) la dittatura terroristica della classe dominante sul resto delle classi popolari. Così come il fascismo non è un opinione, anche l’antifascismo non lo è. Non si può essere antifascisti solo fino a un certo punto, sino a che la legalità imposta dalla classe dominante ce lo concede. Non si può essere antifascisti senza essere a fianco delle masse popolari, senza difendere senza se e senza ma i loro interessi, senza combattere contro la borghesia responsabile degli stenti e dei patimenti di intere popolazioni. I partigiani, con il loro esempio e la loro abnegazione dimostrati durante la guerra di Resistenza, ci lasciano in eredità la determinazione, il coraggio e il grande ideale che in quel periodo muovevano loro e tanti altri comunisti a organizzarsi e a organizzare le masse popolari a combattere fino ad imbracciare le armi contro i nemici del popolo, in divisa nera, grigia o in doppio petto. Gli insegnamenti della lotta partigiana sono necessari per la lotta che conduciamo e che dovremo condurre nei prossimi anni, per riprendere il cammino che i gloriosi partigiani, in gran numero comunisti, hanno lasciato incompiuto: abbattere il sistema sfruttatore e assassino e instaurare una società superiore, una società socialista.

mercoledì 15 aprile 2009

AGGRESSIONE RAZZISTA


Denunciamo e condanniamo la vile aggressione ad una ragazza somala. Contro il razzismo e il fascismo opponiamo la vigilanza e la militanza rivoluzionaria nei nostri quartieri!

Mercoledì 15.04.2009 alla fermata del bus numero 17 in piazza Carducci, zona al Molinette, una ragazza di origine somala è stata aggredita, prima verbalmente e poi presa a bastonate da un uomo sulla settantina il quale, alla vista della ragazza, seduta sulla panchina della fermata, urlava “sporca negra di merda, tornate al tuo paese”e si avventava contro di lei con il suo bastone. Un giovane di passaggio è intervenuto e, mentre soccorreva la ragazza, l’aggressore è fuggito salendo in fretta sul primo mezzo in arrivo. La ragazza si chiama Sofia ed è la compagna di un operaio metalmeccanico membro del nostro collettivo. Portata al pronto soccorso le hanno riscontrato numerose contusioni e l’anno poi dimessa con 10 giorni di prognosi. Per intenderci, la zona in cui è stata aggredita Sofia è la zona di via Cellini dove hanno sede i neofascisti di Base Militante e Casa Pound. Le aggressioni contro le persone di colore e in genere gli immigrati si susseguono nella nostra città (senza contare quelle che non vengono nemmeno rese pubbliche). Quanto più aumenta la crisi economica, tanto più i neofascisti e i leghisti si adoperano per propagandare l’odio contro gli immigrati indicandoli come i responsabili della crisi e dei disagi economici e sociali che essa provoca soprattutto tra le masse popolari e le classi più povere. Il clima di odio razziale che si sta istaurando nelle nostre città viene favorito anche dagli appelli alla reazione che giungono dai banchi dei consiglieri comunali, provinciali e regionali della Lega Nord e di Alleanza Nazionale i quali, spacciandosi per “cittadini modello”, “paladini della legalità” e “maestri della pubblica morale”, alimentano la guerra tra i poveri per difendere gli interessi delle classi dominanti dalle mobilitazioni dei lavoratori e delle masse popolari che resistono alla crisi e che non abbassano la testa di fronte ai soprusi e alle angherie dei padroni. Le loro“ronde padane” o le “ronde per la legalità” dei giovani fascisti di AN servono soltanto a dare la caccia all’immigrato povero e ad aizzare (mobilitazione reazionaria) la parte più abbruttita dei cittadini contro quella parte che invece lotta per la difesa dei diritti sociali, dei diritti di cittadinanza per tutti e del posto di lavoro. Di fronte alla crescente mobilitazione reazionaria nessun compagno, nessun comunista, antifascista o sincero democratico, può evitare le proprie responsabilità, soprattutto quelli che tra loro ricoprono cariche istituzionali grazie alla Repubblica democratica nata dalla Resistenza antifascista. Essi hanno giurato sulla Costituzione e devono farsi carico di difenderla e di praticarla soprattutto per quel che riguarda i suoi fondamentali: l’antifascismo, l’antirazzismo e l’accoglienza, il diritto al lavoro, alla casa, alla scuola e alla salute, il ripudio delle guerre.

Ma in questa democrazia prevale la tutela degli interessi dei potenti, dei ricchi e dei padroni. Non può esistere democrazia dove non esiste la giustizia sociale, dove esiste lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dove esiste un pugno di parassiti che naviga nel lusso più sfrenato a discapito di milioni di persone che se lavorano arrivano appena alla seconda settimana del mese e se non lavorano sono destinate ad arrangiarsi per non morire di fame. Alle ronde fasciste e razziste è necessario rispondere con le ronde antifasciste e antirazziste, con la vigilanza e la mobilitazione nei quartieri delle nostre città!!

Organizziamoci! Organizziamo presidi, ronde e irruzioni nelle assemblee elettive!! Rendiamo vita difficile agli apologeti del fascismo e del razzismo che si nascondono tra i banchi degli eletti!!

lunedì 13 aprile 2009

Opere di Mao, sul centralismo democratico (volume 19 pagina 73-74 )


Dobbiamo unire l’intero partito e l’intero popolo

Dobbiamo unire gli elementi progressisti e gli elementi attivi dentro e fuori del partito e unire gli elementi intermedi in modo da trascinare quelli che sono rimasti indietro. Soltanto in questo modo possiamo unire l’intero partito e l’intero paese; soltanto basandoci su di una unità del genere, possiamo portare a termine il nostro lavoro, superare le difficoltà e costruire la Cina in modo corretto. Unire l’intero partito e l’intero popolo non significa affatto che noi non abbiamo i nostri precisi orientamenti. Alcuni dicono che il partito comunista è un “partito di tutto il popolo”, ma noi non vediamo le cose in questo modo. Il nostro partito è un partito proletario, è l’avanguardia del proletariato, è una forza combattente armata con il marxismo-leninismo. Noi stiamo dalla parte delle masse popolari che comprendono più del 95 per cento della popolazione totale, non stiamo di certo dalla parte dei proprietari terrieri, dei contadini ricchi, dei reazionari, dei cattivi elementi e degli elementi anticomunisti di destra che sono il 4 o 5 per cento della popolazione. Lo stesso vale in campo internazionale, anche qui parliamo di unità con tutti i marxisti-leninisti, con tutti i compagni rivoluzionari, con tutti i popoli.

Noi chiaramente non parliamo di unità con gli imperialisti che sono contro il comunismo e contro i popoli né con i reazionari dei vari paesi. Quando è possibile, noi vogliamo anche stabilire relazioni diplomatiche con questa gente e sforzarci di attuare con loro una politica di pacifica coesistenza sulla base dei cinque principi. Ma queste sono cose che appartengono a una categoria diversa da quella dell’unità con i popoli di tutti i paesi.

Allo scopo di unire l’intero partito e l’intero popolo è necessario promuovere la democrazia e lasciare che la gente dica quello che pensa. Questo deve verificarsi all’interno del partito e deve essere così anche al di fuori del partito.

Compagni dei comitati di partito delle province, compagni dei comitati di partito delle prefetture e compagni dei comitati di partito dei distretti, quando tornate ai vostri posti di lavoro dovete assolutamente lasciare che la gente dica quello che pensa. Devono comportarsi così i presenti e così devono comportarsi anche quelli che non sono presenti qui. Tutti i membri dirigenti del partito devono promuovere la democrazia e lasciare che la gente parli. Quali sono i limiti? Un limite è che bisogna osservare la disciplina di partito, la minoranza deve obbedire alla maggioranza e l’intero partito deve ubbidire al Centro. Un altro limite è costituito dalla proibizione di organizzare fazioni segrete. Non abbiamo paura dei gruppi di opposizione aperta, abbiamo paura unicamente dei gruppi segreti di opposizione. È gente che non vi dice la verità in faccia, in faccia vi dice soltanto falsità e parole ingannatrici senza svelare i propri scopi reali. Ma a patto che non infrangano la disciplina di partito e non si impegnino in nessuna attività segreta di fazione, dobbiamo lasciarli parlare e, anche se dicono delle cose sbagliate, non dobbiamo colpirli. Si può criticare quelli che dicono cose sbagliate, ma bisogna ricorrere alla ragione per convincerli. E se ci proviamo ma non si convincono?

Rimangano pure della loro opinione. Alla minoranza si può permettere di rimanere della propria opinione a patto che obbedisca alle risoluzioni e alle decisioni prese dalla maggioranza. Sia all’interno che all’esterno del partito è vantaggioso permettere alla minoranza di mantenere la propria opinione. Si tengano per il momento le loro opinioni sbagliate: in futuro cambieranno idea. Molto spesso le idee della minoranza si sono rivelate corrette. La storia è ricca di

simili esempi. All’inizio la verità non è nelle mani della maggioranza ma in quelle di una minoranza. Marx ed Engels avevano in mano la verità ma, all’inizio, erano la minoranza. Anche Lenin è stato a lungo in minoranza. Nel nostro partito abbiamo avuto esperienze di questo genere. Sia all’epoca del predominio di Chen Tu-hsiu che durante il predominio della linea “di sinistra”, la verità non era dalla parte della maggioranza degli organi dirigenti, ma dalla parte della minoranza. Nella storia le scienze naturali, le teorie di scienziati come Copernico, Galileo e Darwin non sono state riconosciute per un lungo periodo dalla maggioranza della gente che le riteneva invece sbagliate, così essi si trovarono temporaneamente in minoranza. Il nostro partito quando fu fondato nel 1921 contava soltanto poche decine di membri; anche noi eravamo una minoranza, ma quelle poche persone rappresentavano la verità e il destino della Cina.

Quali sono le condizioni che si richiedono ai degni successori della causa

rivoluzionaria del proletariato?

1. Devono essere degli autentici marxisti-leninisti e non come Kruscev dei

revisionisti che si addobbano di marxismo-leninismo.

2. Devono essere dei rivoluzionari al servizio, anima e corpo, della stragrande maggioranza della popolazione cinese e mondiale e non agire come Kruscev che serve gli interessi di un gruppetto di individui che sono lo strato privilegiato della borghesia del suo paese e gli interessi degli imperialisti e dei reazionari del mondo intero.

3. Devono essere degli uomini di Stato proletari, capaci di unirsi alla stragrande maggioranza e lavorare all’unisono con essa. Devono non solo unirsi a chi condivide le loro posizioni, ma anche sapersi unire a quelli che non le condividono, a quelli che erano loro ostili e di cui la pratica ha provato l’errore. Tuttavia devono stare particolarmente attenti agli arrivisti e ai cospiratori come Kruscev e impedir loro di usurpare la direzione del partito e dello Stato a tutti i livelli.

4. Devono essere degli esempi nell’applicazione del centralismo democratico del partito, padroneggiare il metodo di direzione basato sul principio di “venire dalle masse e tornare alle masse” e alimentare uno stile di lavoro democratico che li renda capaci di comprendere le masse. Non devono, come Kruscev, minare il centralismo democratico del partito, impadronirsi di un potere autocratico, attaccare i compagni di sorpresa, rifiutare di comprendere e agire da dittatori.

5. Devono essere modesti e prudenti, premunirsi contro l’arroganza e la presunzione, essere in grado di fare l’autocritica e avere il coraggio di correggere tutte le insufficienze e gli errori del loro lavoro. Non devono in nessun caso nascondere i loro errori, attribuirsi tutti i meriti e scaricare tutte le colpe sugli altri, come fa Kruscev. Sono le lotte di massa che formano i successori della causa rivoluzionaria del proletariato e sono le grandi tempeste rivoluzionarie che li forgiano. Bisogna saper valutare il valore dei quadri, scegliere e formare i successori nel corso di lotte di massa prolungate.

Questi principi enunciati dal compagno Mao Tse-tung rappresentano uno sviluppo creativo del marxismo-leninismo e aggiungono all’arsenale teorico del marxismo-leninismo nuove armi che sono per noi di importanza decisiva nella lotta per prevenire ogni restaurazione capitalista. Finché noi ci atterremo a questi principi, saremo in grado di rafforzare la dittatura del proletariato, di assicurare che il nostro partito e il nostro Stato non cambieranno mai di natura, di condurre a buon esito la rivoluzione socialista e l’edificazione del socialismo, di sostenere il movimento rivoluzionario di tutti i popoli per abbattere l’imperialismo e i suoi lacchè, di assicurare il futuro passaggio dal socialismo al comunismo.

Riguardo alla comparsa nell’Unione Sovietica della cricca revisionista di Kruscev, l’atteggiamento di noi marxisti-leninisti è quello che abbiamo verso tutti i “torbidi”: primo, siamo contrari; secondo, non la temiamo.

Non l’avevamo desiderata e siamo contro, ma dato che la cricca revisionista di Kruscev ha fatto la sua comparsa, non c’è in questo nulla di terrificante e non c’è ragione alcuna di allarmarsi. La terra continuerà a girare, la storia proseguirà il suo cammino in avanti, come sempre i popoli di tutto il mondo continueranno a fare la rivoluzione e gli imperialisti e i loro lacchè andranno inevitabilmente incontro alla sconfitta.

L’apporto storico del grande popolo sovietico sarà sempre glorioso e non può essere oscurato dal tradimento della cricca revisionista di Kruscev. La gran massa degli operai, dei contadini, degli intellettuali rivoluzionari e dei comunisti

sovietici finirà col superare tutti gli ostacoli frapposti al suo cammino e andrà verso il comunismo. Il popolo sovietico, i popoli dei paesi socialisti e i rivoluzionari di ogni luogo trarranno certamente utili insegnamenti dal tradimento della cricca revisionista di Kruscev.




Lo pseudocomunismo di Kruscev e gli insegnamenti storici che dà al mondo

Mao Tse-tung - OPERE


Lo pseudocomunismo di Kruscev e gli insegnamenti storici che dà al mondo

(Mao Tse-tung - OPERE)



Quali sono le condizioni che si richiedono ai degni successori della causa
rivoluzionaria del proletariato?
1. Devono essere degli autentici marxisti-leninisti e non come Kruscev dei
revisionisti che si addobbano di marxismo-leninismo.
2. Devono essere dei rivoluzionari al servizio, anima e corpo, della stragrande maggioranza della popolazione cinese e mondiale e non agire come Kruscev che serve gli interessi di un gruppetto di individui che sono lo strato privilegiato della borghesia del suo paese e gli interessi degli imperialisti e dei reazionari del mondo intero.
3. Devono essere degli uomini di Stato proletari, capaci di unirsi alla stragrande maggioranza e lavorare all’unisono con essa. Devono non solo unirsi a chi condivide le loro posizioni, ma anche sapersi unire a quelli che non le condividono, a quelli che erano loro ostili e di cui la pratica ha provato l’errore. Tuttavia devono stare particolarmente attenti agli arrivisti e ai cospiratori come Kruscev e impedir loro di usurpare la direzione del partito e dello Stato a tutti i livelli.
4. Devono essere degli esempi nell’applicazione del centralismo democratico del partito, padroneggiare il metodo di direzione basato sul principio di “venire dalle masse e tornare alle masse” e alimentare uno stile di lavoro democratico che li renda capaci di comprendere le masse. Non devono, come Kruscev, minare il centralismo democratico del partito, impadronirsi di un potere autocratico, attaccare i compagni di sorpresa, rifiutare di comprendere e agire da dittatori.
5. Devono essere modesti e prudenti, premunirsi contro l’arroganza e la presunzione, essere in grado di fare l’autocritica e avere il coraggio di correggere tutte le insufficienze e gli errori del loro lavoro. Non devono in nessun caso nascondere i loro errori, attribuirsi tutti i meriti e scaricare tutte le colpe sugli altri, come fa Kruscev. Sono le lotte di massa che formano i successori della causa rivoluzionaria del proletariato e sono le grandi tempeste rivoluzionarie che li forgiano. Bisogna saper valutare il valore dei quadri, scegliere e formare i successori nel corso di lotte di massa prolungate.
Questi principi enunciati dal compagno Mao Tse-tung rappresentano uno sviluppo creativo del marxismo-leninismo e aggiungono all’arsenale teorico del marxismo-leninismo nuove armi che sono per noi di importanza decisiva nella lotta per prevenire ogni restaurazione capitalista. Finché noi ci atterremo a questi principi, saremo in grado di rafforzare la dittatura del proletariato, di assicurare che il nostro partito e il nostro Stato non cambieranno mai di natura, di condurre a buon esito la rivoluzione socialista e l’edificazione del socialismo, di sostenere il movimento rivoluzionario di tutti i popoli per abbattere l’imperialismo e i suoi lacchè, di assicurare il futuro passaggio dal socialismo al comunismo.
Riguardo alla comparsa nell’Unione Sovietica della cricca revisionista di Kruscev, l’atteggiamento di noi marxisti-leninisti è quello che abbiamo verso tutti i “torbidi”: primo, siamo contrari; secondo, non la temiamo.
Non l’avevamo desiderata e siamo contro, ma dato che la cricca revisionista di Kruscev ha fatto la sua comparsa, non c’è in questo nulla di terrificante e non c’è ragione alcuna di allarmarsi. La terra continuerà a girare, la storia proseguirà il suo cammino in avanti, come sempre i popoli di tutto il mondo continueranno a fare la rivoluzione e gli imperialisti e i loro lacchè andranno inevitabilmente incontro alla sconfitta.
L’apporto storico del grande popolo sovietico sarà sempre glorioso e non può essere oscurato dal tradimento della cricca revisionista di Kruscev. La gran massa degli operai, dei contadini, degli intellettuali rivoluzionari e dei comunisti
sovietici finirà col superare tutti gli ostacoli frapposti al suo cammino e andrà verso il comunismo. Il popolo sovietico, i popoli dei paesi socialisti e i rivoluzionari di ogni luogo trarranno certamente utili insegnamenti dal tradimento della cricca revisionista di Kruscev.

giovedì 9 aprile 2009

PROCESSO THYSSEN BOICOTTIAMO E DENUNCIAMO GLI AVVOCATI E I CONSULENTI MERCENARI AL SOLDO DEI PADRONI !!


Martedì 7 aprile, presso il tribunale di Torino, si è svolta l’udienza per la strage dei 7 operai della Thyssen. Vittorio Betta, il consulente nominato a difesa dei padroni stragisti ha sostenuto la tesi dell’errore degli operai in quanto, secondo lui, “se gli operai avessero premuto immediatamente il pulsante che blocca l’intero macchinario, la tragedia non sarebbe avvenuta”. Grande è stato lo sdegno di molti degli operai e dei famigliari presenti alcuni dei quali hanno abbandonato l’aula in segno di disprezzo per le affermazioni false e aberranti del consulente che, tra le altre cose, è docente all’Università di Napoli. Una tesi, quella del consulente Betta, che veniva subito smontata dal consulente per l’accusa (Massimo Zucchetti, professore al Politecnico) il quale affermava che “le condizioni della linea erano tali che chiunque fosse entrato nello stabilimento nei giorni precedenti, avrebbe dovuto immediatamente fermare l’impianto”. Quella linea perdeva già da tempo circa 60mila litri di olio l’anno, quindi, la linea 5, non avrebbe mai dovuto essere messa in funzione, mai!! Non solo quindi i padroni stragisti non intendono assumersi le loro responsabilità della morte di 7 operai, ma cercano, tramite i loro servi (avvocati e periti di parte) di addossare la colpa di quanto è accaduto agli stessi lavoratori che ci hanno lasciato la pelle! Tutto questo è intollerabile! Come è mai possibile, di fronte ad una strage le cui responsabilità sono inequivocabilmente dei dirigenti e dei padroni assetati di profitto, accettare che avvocati e consulenti privi di scrupoli siano lasciati liberi di boicottare il processo sollevando questioni di mancate traduzioni dall’italiano (che il dirigente Thyssen conosce perfettamente) al tedesco e addirittura accusando le stesse vittime della strage di esserne i diretti responsabili?! Tra gli avvocati che difendono i padroni stragisti vi è anche l’avv. Franco Coppi difensore di Andreotti e DelTurco e Ezio Audisio che aveva chiesto la nullità del procedimento a causa delle mancate trascrizioni in tedesco per il dirigente Thyssen Harald Espenhahn.
Alcuni sostenitori illuminati della democrazia potrebbero obiettare che in uno Stato democratico il diritto alla difesa deve essere garantito a tutti e che quindi anche i padroni stragisti, hanno diritto a difendersi per dimostrare la propria innocenza. A queste obbiezioni noi rispondiamo che questa democrazia è la democrazia che garantisce gli interessi di un pugno di parassiti che vivono nel lusso più sfrenato, nell’ opulenza e nello sfarzo sulla pelle e il sudore di milioni di operai e lavoratori che, se lavorano, riescono a malapena a sopravvivere. Come può esserci democrazia quando esistono sfruttatori e sfruttati, ricchi che speculano e traggono profitto dai bisogni primari delle masse popolari e che, grazie al loro denaro sponsorizzano i loro servi della politica e dello Stato, servizi segreti, polizia e carabinieri aizzandoli contro le masse che protestano, gli operai in sciopero, gli studenti in corteo e i comunisti che si organizzano per abbattere questo sporco sistema?



E’ necessario resistere con tutte le nostre forze alla guerra di sterminio non dichiarata che i padroni hanno scatenato contro le masse popolari e i lavoratori.
E’ necessario resistere e organizzarci per abbattere il sistema capitalistico e per istaurare una società guidata dagli operai, una vera democrazia popolare che non lasci più spazio, agibilità politica e economica alla borghesia, una società che faccia esclusivamente gli interessi del popolo, una società socialista. In questa società non vi sarà spazio per i padroni e per i loro servi come gli avvocati e i consulenti mercenari che difendono i padroni della Thyssen .

costituzione CCP

In seguito ad un dibattito interno ai Carc sul metodo di lavoro si sono evidenziate posizioni antagoniste tra loro per quello che riguarda l’interpretazione del dibattito franco e aperto, del metodo della critica e autocritica e del principale principio organizzativo di un partito comunista: il centralismo democratico. A seguito di una mancanza di chiarezza nel dibattito avvenuto nelle istanze superiori e una mancanza di chiarezza rispetto a misure disciplinari verso alcuni suoi membri, nostri dirigenti, 4 membri su 5 della sezione di Torino hanno rassegnato le dimissioni dal P-CARC. A queste dimissioni si è aggiunta l’interruzione della candidatura dei compagni biellesi che erano in procinto di entrare nel partito. Il centralismo democratico, strumento essenziale di un partito comunista, prevede che la minoranza si debba subordinare alla maggioranza e che, mantenendo le proprie riserve, debba continuare ad operare lealmente per applicare la linea della maggioranza. Perché la minoranza si adegui alla maggioranza non in maniera burocratica e formale è necessario sviluppare un ampio dibattito che porti ad un’unità superiore.
Ai compagni torinesi dimissionari non è stato dato modo neanche di prendere visione dei documenti di dibattito da cui sarebbero scaturite le misure disciplinari o/e le dimissioni/espulsioni di alcuni dirigenti che fino a quel momento (e ancora adesso) godevano della nostra massima fiducia e che a noi risultava avessero sempre lavorato con disciplina e mostrando grande dedizione alla causa.
Questa non è applicazione del centralismo democratico ma, a nostro parere, è un interpretazione burocratica e settaria di esso che noi non abbiamo ne saputo, ne voluto accettare. Il presidente Mao diceva che se la minoranza, subordinandosi alla maggioranza, può mantenere le proprie opinioni, questo è un bene per il partito tutto. Anche Mao, trovandosi in minoranza durante il periodo della guerra all’invasore giapponese della Cina, continuò a lavorare per il partito pur mantenendo le proprie opinioni che divergevano da quelle della maggioranza. E il tempo gli diede ragione.
In questa lotta ideologica nel partito dei Carc alla ex sezione di Torino e, a quel che ci risulta a tutti i compagni della base, non è stato “concesso” di mantenere le proprie opinioni, ma prima di tutto non è stato “concesso” di farsi un’opinione visto che, pur dichiarando aperta e conclusa una LIA (Lotta Ideologica Attiva), non si dava modo ai compagni di visionare i documenti che riportavano il dibattito con le posizioni differenti espresse in Direzione Nazionale del Partito.
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I compagni dimissionari della sezione di Torino del partito dei Carc, dopo essersi consultati, hanno espresso la volontà di non rimanere con le mani in mano e di proseguire la lotta contro la borghesia imperialista e per il socialismo. È chiaro che è necessario fare un bilancio della ns esperienza dentro il partito dei Carc e in particolare di questa lotta ideologica per poter proseguire a un livello più alto nella ns lotta di comunisti. In questo momento ci costituiamo in Collettivo Comunista Piemontese che vedrà l’adesione anche dei giovani compagni biellesi per, proseguire nell’immediato il lavoro svolto sino ad ora sul nostro territorio, e che già adesso si ponga l’obbiettivo di costruire un fronte comunista rivolgendosi a tutti i compagni che hanno la bandiera rossa e la falce e il martello nel cuore e che hanno l’aspirazione di abbattere il capitalismo per l’unico mondo migliore possibile: il socialismo.