domenica 16 agosto 2009
sabato 15 agosto 2009
Comunicato del COORDINAMENTO dei COLLETTIVI COMUNISTI sulla lotta degli operai della INNSE
Coordinamento Collettivi Comunisti
coorcolcom@tiscali.it
www.coorcolcom.org
Cell. 333 6411102
13 agosto 2009
Il 31 maggio 2008 gli operai della INNSE, dopo avere ricevuto le comunicazioni della chiusura della fabbrica, la occupano impedendo ai tecnici, mandati dai padroni, di staccare la corrente e di fare portare via i macchinari che il padrone avrebbe voluto vendere per avvallare una grossa speculazione edilizia sul terreno dove sorge la fabbrica. Gli operai decidono quindi di proseguire con la produzione gestendo anche i servizi e i rapporti con la clientela.
Dal quel 31 maggio del 2008 la fabbrica è stata occupata giorno e notte dagli operai che, malgrado siano anche stati licenziati, continuano a lavorare, a dimostrazione di poter fare a meno e meglio del padrone. Ma la borghesia non poteva tollerare né che gli si impedisse di continuare a speculare sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie, né che una cinquantina di operai dimostrassero che è possibile lavorare e vivere anche senza i padroni. Così all’alba del 17 settembre, polizia e carabinieri fanno irruzione nella fabbrica sgomberando con la forza gli operai che la presidiano e che ci lavorano. Gli operai allora decidono di presidiarne i cancelli per evitare che il padrone possa smantellare i macchinari e portarli via. La fabbrica viene prima messa sotto sequestro e poi, per riportarla nelle mani del padrone, viene dissequestrata il 10 dicembre.
L’esempio degli operai della INNSE intanto attira la solidarietà di operai di altre fabbriche, di organismi di lotta e comitati che vanno ad alimentare il presidio degli operai davanti ai cancelli. A febbraio 2009 la crescente solidarietà attorno agli operai della INNSE costringe polizia e carabinieri a non tentare colpi di mano e il padrone a riprendere il tavolo delle trattative sino ad arrivare al 4 agosto quando, con un blitz sostenuto dalle “forze dell’ordine”, il padrone tenta di portare via i macchinari. Gli operai reagiscono prontamente: bloccano la tangenziale e 4 operai più un funzionario sindacale della FIOM, eludendo la sorveglianza di polizia e carabinieri, salgono su un carroponte dell’azienda per protesta con l’intento di rimanerci sino a che gli operai non avranno vinto. Fuori dai cancelli il presidio si rafforza , così come si moltiplicano i messaggi di solidarietà con gli operai della fabbrica.
Dopo 10 giorni di lotta arriva la notizia dell’acquisizione dell’azienda da parte di un altro imprenditore e della riassunzione di tutti e 49 operai. Hanno vinto!!
Gli operai della INNSE hanno vinto la loro battaglia e hanno anche aperto la strada alla vittoria di altri operai e lavoratori di fabbriche e aziende in crisi. Hanno dimostrato che soltanto la lotta paga e che solo lottando senza farsi legare le mani dalle regole dell’avversario, è possibile ottenere grandi risultati. L’unità nella lotta di cinquanta operai ha mostrato la potenzialità della classe operaia e ridato fiducia a quei lavoratori che ancora non credono sia possibile difendere il posto di lavoro e le conquiste e magari conquistarne di nuove. Di fronte alla determinazione e all’unità degli operai in lotta, anche i dirigenti dei sindacati di regime hanno dovuto adeguarsi alle modalità di lotta e di contrattazione degli operai e non viceversa, come spesso succede. I Rinaldini di turno sono dovuti andare a parlare con gli operai sul carroponte e a concordare con loro, preventivamente, gli obbiettivi da raggiungere e le richieste da avanzare invece che, come fanno di solito, trattare con i padroni e decidere le richieste e gli obbiettivi all’insaputa degli operai e, soltanto a trattativa conclusa, indire le assemblee per chiedere ai lavoratori se sono d’accordo o meno.
La lotta degli operai della INNSE è un esempio per le altre migliaia di operai che in questo momento stanno lottando contro la chiusura delle loro aziende e i licenziamenti. Da Melfi ad Ascoli già si sentono gli operai che presidiano le loro fabbriche al grido di “facciamo come gli operai della INNSE”!
Un elemento determinante della vittoria è stata la grande mobilitazione e solidarietà espressa attorno e davanti la fabbrica da operai di altre fabbriche, da organizzazioni comuniste, centri sociali e comitati di lotta, da studenti e sinceri democratici, pronti, ognuno a modo suo e con i propri mezzi, a sostenere la lotta operaia, a dimostrazione che il legame tra le lotte operaie e la lotta per cambiare la società e il sistema che la dirige è un legame inscindibile.
Gli operai della INNSE hanno vinto una battaglia contro il padrone dimostrando che è possibile sconfiggerlo. Ma per vincere la guerra contro il sistema dei padroni è necessario che la classe operaia si doti di una sua organizzazione, costruisca il suo partito, il partito comunista, e che con esso guidi il resto delle masse popolari alla vittoria contro la borghesia e i suoi sgherri e all’instaurazione di un sistema senza speculatori e sfruttatori, all’instaurazione del socialismo.
Ci auguriamo che anche questa vittoria possa inoltre rafforzare il processo di costruzione del partito della classe operaia e invitiamo gli operai della INNSE a trarre da questa lotta e condividerli con altri operai, lavoratori e compagni, gli insegnamenti utili alla riorganizzazione della classe operaia e dei lavoratori nel proprio partito, il partito comunista.
Viva la vittoria degli operai della INNSE!
coorcolcom@tiscali.it
www.coorcolcom.org
Cell. 333 6411102
13 agosto 2009
Il 31 maggio 2008 gli operai della INNSE, dopo avere ricevuto le comunicazioni della chiusura della fabbrica, la occupano impedendo ai tecnici, mandati dai padroni, di staccare la corrente e di fare portare via i macchinari che il padrone avrebbe voluto vendere per avvallare una grossa speculazione edilizia sul terreno dove sorge la fabbrica. Gli operai decidono quindi di proseguire con la produzione gestendo anche i servizi e i rapporti con la clientela.
Dal quel 31 maggio del 2008 la fabbrica è stata occupata giorno e notte dagli operai che, malgrado siano anche stati licenziati, continuano a lavorare, a dimostrazione di poter fare a meno e meglio del padrone. Ma la borghesia non poteva tollerare né che gli si impedisse di continuare a speculare sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie, né che una cinquantina di operai dimostrassero che è possibile lavorare e vivere anche senza i padroni. Così all’alba del 17 settembre, polizia e carabinieri fanno irruzione nella fabbrica sgomberando con la forza gli operai che la presidiano e che ci lavorano. Gli operai allora decidono di presidiarne i cancelli per evitare che il padrone possa smantellare i macchinari e portarli via. La fabbrica viene prima messa sotto sequestro e poi, per riportarla nelle mani del padrone, viene dissequestrata il 10 dicembre.
L’esempio degli operai della INNSE intanto attira la solidarietà di operai di altre fabbriche, di organismi di lotta e comitati che vanno ad alimentare il presidio degli operai davanti ai cancelli. A febbraio 2009 la crescente solidarietà attorno agli operai della INNSE costringe polizia e carabinieri a non tentare colpi di mano e il padrone a riprendere il tavolo delle trattative sino ad arrivare al 4 agosto quando, con un blitz sostenuto dalle “forze dell’ordine”, il padrone tenta di portare via i macchinari. Gli operai reagiscono prontamente: bloccano la tangenziale e 4 operai più un funzionario sindacale della FIOM, eludendo la sorveglianza di polizia e carabinieri, salgono su un carroponte dell’azienda per protesta con l’intento di rimanerci sino a che gli operai non avranno vinto. Fuori dai cancelli il presidio si rafforza , così come si moltiplicano i messaggi di solidarietà con gli operai della fabbrica.
Dopo 10 giorni di lotta arriva la notizia dell’acquisizione dell’azienda da parte di un altro imprenditore e della riassunzione di tutti e 49 operai. Hanno vinto!!
Gli operai della INNSE hanno vinto la loro battaglia e hanno anche aperto la strada alla vittoria di altri operai e lavoratori di fabbriche e aziende in crisi. Hanno dimostrato che soltanto la lotta paga e che solo lottando senza farsi legare le mani dalle regole dell’avversario, è possibile ottenere grandi risultati. L’unità nella lotta di cinquanta operai ha mostrato la potenzialità della classe operaia e ridato fiducia a quei lavoratori che ancora non credono sia possibile difendere il posto di lavoro e le conquiste e magari conquistarne di nuove. Di fronte alla determinazione e all’unità degli operai in lotta, anche i dirigenti dei sindacati di regime hanno dovuto adeguarsi alle modalità di lotta e di contrattazione degli operai e non viceversa, come spesso succede. I Rinaldini di turno sono dovuti andare a parlare con gli operai sul carroponte e a concordare con loro, preventivamente, gli obbiettivi da raggiungere e le richieste da avanzare invece che, come fanno di solito, trattare con i padroni e decidere le richieste e gli obbiettivi all’insaputa degli operai e, soltanto a trattativa conclusa, indire le assemblee per chiedere ai lavoratori se sono d’accordo o meno.
La lotta degli operai della INNSE è un esempio per le altre migliaia di operai che in questo momento stanno lottando contro la chiusura delle loro aziende e i licenziamenti. Da Melfi ad Ascoli già si sentono gli operai che presidiano le loro fabbriche al grido di “facciamo come gli operai della INNSE”!
Un elemento determinante della vittoria è stata la grande mobilitazione e solidarietà espressa attorno e davanti la fabbrica da operai di altre fabbriche, da organizzazioni comuniste, centri sociali e comitati di lotta, da studenti e sinceri democratici, pronti, ognuno a modo suo e con i propri mezzi, a sostenere la lotta operaia, a dimostrazione che il legame tra le lotte operaie e la lotta per cambiare la società e il sistema che la dirige è un legame inscindibile.
Gli operai della INNSE hanno vinto una battaglia contro il padrone dimostrando che è possibile sconfiggerlo. Ma per vincere la guerra contro il sistema dei padroni è necessario che la classe operaia si doti di una sua organizzazione, costruisca il suo partito, il partito comunista, e che con esso guidi il resto delle masse popolari alla vittoria contro la borghesia e i suoi sgherri e all’instaurazione di un sistema senza speculatori e sfruttatori, all’instaurazione del socialismo.
Ci auguriamo che anche questa vittoria possa inoltre rafforzare il processo di costruzione del partito della classe operaia e invitiamo gli operai della INNSE a trarre da questa lotta e condividerli con altri operai, lavoratori e compagni, gli insegnamenti utili alla riorganizzazione della classe operaia e dei lavoratori nel proprio partito, il partito comunista.
Viva la vittoria degli operai della INNSE!
giovedì 13 agosto 2009
Okkio alla Penna....
Due pattuglie di polizia e una di alpini sono intervenute in via Galliari, a San Salvario per tutelare gli interessi del padrone di un locale commerciale che ha letteralmente buttato fuori dal locale i gestori, cittadini magrebini, affittuari del locale nel quale gestivano un esercizio.
Il mese scorso il padrone del locale, appena scattato lo sfratto esecutivo causa morosità (trattasi di tre o quattro mesi non pagati) aveva, di soppiatto, cambiato la serratura delle saracinesche e trattenuto la merce che era nel locale per più di un mese. Questa mattina, il proprietario, senza avvisare l’affittuario del locale, è entrato e ha gettato in mezzo alla strada, tutta la merce che era all’interno.
Alcuni generi alimentari erano avariati a causa della chiusura di un mese durante la quale, l’affittuario, non ha potuto entrare nel locale. Ci siamo fermati per protestare contro l’ulteriore angheria nei confronti di cittadini immigrati. Ad un italiano non avrebbero mai fatto una cosa del genere. Anche alcuni passanti hanno sollevato le loro proteste e in particolare una signora che, indignata dall’ignobile atteggiamento sia del padrone del locale, che degli sbirri intervenuti a sua difesa, si rivolgeva agli sbirri accusandoli di coprire un sopruso. Gli sbirri, per non smentire la loro arroganza, intimavano al compagno di allontanarsi e di smettere di fomentare disordini aizzando le persone contro il proprietario e contro di loro. Intanto il compagno del CCP, malgrado le pressioni, ha scattato alcune fotografie ed è stato subito fermato dagli alpini i quali gli hanno chiesto i documenti. Il compagno gli ha risposto che non eravamo in zona di guerra e che quindi non riconosceva alcuna autorità agli alpini i quali, invece di “vigilare gli obbiettivi sensibili”, erano presenti con tanto di pistola, di manganello e di fucile mitragliatore, per tutelare gli interessi del padrone del negozio. Alla domanda del compagno sull’utilizzo del fucile mitragliatore, che non era previsto nell’ordinario equipaggiamento delle ronde militare sancite dal pacchetto sicurezza, l’alpino rispondeva che era “ordine del prefetto e che se il capitano avesse saputo del mancato utilizzo del fucile mitragliatore, gli avrebbe fatto rapporto. Ma quando prefetto e capitano avevano presentato, con tanto di eco dei mas media, l’utilizzo degli alpini a San Salvario, non aveva annunciato che avrebbero avuto in dotazione soltanto manganello e pistola?
Le angherie nei confronti dei cittadini immigrati si susseguono e vengono supportate, quando non addirittura perpetrate direttamente dalle forze dell’ordine.
Una città militarizzata nella quale i fascisti e i razzisti possono permettersi di fare quello che gli pare ai danni delle masse popolari immigrate e a qualsiasi cittadino autoctono che si indignasse o si ribellasse a questi soprusi spacciati per sicurezza, le forze dell’ordine rispondono con arroganza e con le minacce.
A chi giova la militarizzazione del territorio, con tutto ciò che ne consegue, se non ai padroni, ai ricchi, agli speculatori e agli sfruttatori!?
A tutti i compagni, comunisti, anarchici, antimperialisti, a tutti gli antifascisti e ai sinceri democratici lanciamo l’appello di vigilare, denunciare apertamente ogni genere di angheria e di sopruso e di ribellarsi con determinazione alla militarizzazione dei nostri quartieri.
La Resistenza continua! No al fascismo e al razzismo! No alla militarizzazione dei nostri quartieri!
Collettivo Comunista Piemontese
colcompiemonte@yahoo.it tel 3476558445
via Spotorno 4 Torino
mercoledì 12 agosto 2009
Tribunale di Sorveglianza di Milano aggiornamenti sul compagno Valter
Come annunciato rendiamo note le disposizioni penali decise dal tribunale di sorveglianza di Milano nei confronti del compagno Valter condannato alla pena di 4 anni per antifascismo in relazione ai fatti dell'11 marzo 2006 di corso Buenos Aires a Milano. Tre anni sono stati indultati e al compagno gli rimanevano da scontare 11 mesi e 14 giorni di reclusione (gli altri 16 giorni li aveva scontati preventivamente a S.Vittore prima del processo).
Il tribunale di sorveglianza di Milano ha così "concesso"l'affidamento in prova ai servizi sociali del compagno del CCP Valter Ferrarato il quale, tramite il suo avvocato, aveva fatto istanza per le pene alternative a seguito della sentenza della cassazione che convalidò le condanne a 4 anni per gli antifascisti che l'11 marzo 2006, a Milano, tentarono di impedire la parata di Fiamma Tricolore. Un azione antifascista, quella del 2006, che, malgrado alcuni limiti, ha rilanciato, sul territorio nazionale, l'antifascismo militante e smascherato quanti, sopratutto tra le file della sinistra borghese, si riempivano la bocca di antifascismo usandolo soltanto come paravento e specchietto per le allodole. Non si può essere antifascisti fino ad un certo punto, fino a che le leggi borghesi te lo permettono. O si è antifascisti o non lo si è!
Morte al fascio e alle ronde nere!
Collettivo Comunista Piemontese.
a seguito l'ordinanza del tribunale di sorveglianza.
Il tribunale di sorveglianza di Milano riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg.
Dott.ssa Ferrazzi Rossella Presidente
Dott.ssa Ceffa Cristina Magistrato di Sorveglianza
Dott.ssa Mariani Elena Esperto
Dott.ssa Rabuffetti Serena Esperto
Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Premesso che FERRATO VALTER nato a Varallo (VC) il 05/08/1963 residente in Torino (…) in relazione alla pena di anni 4 di reclusione da cui, detratto il presofferto con l’applicazione del consono, la pena residua espianda risulta pari a mesi 11 14 giorni di reclusione, inflitta con sentenza N°5977/2006 R.G emessa in data 12-11-2007 dalla Corte di Appello di Milano sez. Prima, in riforma alla sentenza emessa in data 19-07-2006 dal Gip presso il Tribunale di Milano, definitiva il 27-11-2008, per i reati di cui gli artt.
1) 110 CP., 81 c.l CP, 81 c.2 CP, 112 n.1 CP, 419 CP., 4 L. 895/1967, 5 D.P.R 152/1975, 61 n.2 CP.
2) 110 C.P, 81 c1 C.P, 81 c.2 C.P, 112 n.1 C.P, 336 C.P, 582 C.P, 585 C.P.
Commesso in data 11-03-2006 in Milano,
esecuzione n. 896/2008 SIEP Proc. Gen. Rep. C.A. Milano sospesa in data 09-01-2009, ha avanzato istanza tendente ad ottenere il beneficio dell’affidamento ordinario o, in subordine, della detenzione domiciliare; che il suddetto, regolarmente citato a comparire dinanzi a questo Tribunale è comparso all’odierna udienza;
ritenuta l’ammissibilità della domanda a norma dell’art. 47 O.P.;
rilevato inoltre che in base agli elementi raccolti in sede istruttoria e nel corso del dibattimento, la misura alternativa dell’affidamento anche attraverso adeguate prescrizioni, è idonea a contribuire alla rieducazione del reo e ad assicurare la prevenzione dal pericolo che commetta altri reati, non sembrando necessaria una misura maggiormente restrittiva come la detenzione domiciliare e atteso che:
• Il Sig. Ferrarato si è reso colpevole di devastazione e saccheggio, incendio, illecito porto di bottiglie molotov, artifizi esplodenti, bombe carta, benzina e liquidi incendiari in concorso, violenza a pubblico ufficiale, aggressione e lesioni personali in concorso nel corso di una manifestazione avvenuta a Milano;
• Non vi sono procedimenti pendenti
• I precedenti penali, per la maggior parte per violazione dell’art. 624 C.P. sono risalenti nel tempo;
P.Q.M
Visti gli art. (…)
ACCOGLIE
L’istanza di affidato ordinario;
NP per l’istanza di detenzione domiciliare
DISPONE
Che il predetto sia affidato all’Ufficio di Esecuzione Esterna (U.E.P.E) di Torino (già CSSA) per il periodo di pena residua;
(…)
IMPONE
Al suddetto le seguenti prescrizioni
I. Entro 10 giorni dall’avvenuta notifica della presente ordinanza, dovrà prendere contatto con l’UEPE di Torino incaricato di affiancarlo nell’opera di adattamento alla vita sociale.
II. Dovrà mantenere contatti con l’U.E.P.E. stesso secondo quanto da questo indicatogli
III. Dovrà fissare la propria dimora in Torino
IV. Non potrà abbandonare la provincia di Torino
V. Non potrà compiere viaggi notturni ne all’estero
VI. Non potrà frequentare pregiudicati, omettendo altresì di frequentarne gli ambienti
VII. Potrà lasciare la propria dimora alle 6.00 del mattino onde recarsi al lavoro e per le altre esigenze di vita e dovrà farne ritorno non oltre le 23.00, con divieto di uscire fino al mattino successivo, se non per comprovate necessità gravi, preventivamente comunicate alle Forze dell’Ordine e da documentare tempestivamente all’U.E.P.E.;
VIII. Dovrà predisporre tutti gli accorgimenti necessari per favorire i controlli delle Forze dell’Ordine;
IX. Dovrà adempire puntualmente agli obblighi di assistenza famigliare;
X. Dovrà portare sempre con se copia del presente provvedimento
XI. Dovrà richiedere tre mesi prima, salvo sopraggiunte necessità, ogni modifica delle prescrizioni.
venerdì 7 agosto 2009
ANGHERIE ESTIVE DELLA SBIRRAGLIA
Nel pomeriggio di lunedì 7 agosto mentre due compagni del CCP stavano passeggiando tranquillamente in Piazza CLN a Torino, una macchina della DIGOS li affianca, gli sbirri scendono chiedendo loro i documenti. Dopo avere ottenuto i documenti il capo pattuglia dice di voler vedere lo zaino del compagno il quale rifiuta. Al rifiuto lo sbirro reagisce con la minaccia di portare entrambi in questura. Il compagno insiste e non apre lo zaino, quindi lo sbirro, abbastanza contrariato, insiste con le minacce. Intanto il sole picchia forte e i compagni chiedono di spostare tutta “l’operazione” all’ombra, nei pressi della libreria Feltrinelli. Mentre attendiamo gli accertamenti di rito (la perquisizione allo zaino non era avvenuta), un compagno fa una telefonata al cellulare. Il capo pattuglia scende di colpo dall’auto e cerca di impedirglielo dicendo che non avrebbe potuto. Il compagno risponde che, considerato il fatto che non è, ne in stato di fermo, ne di arresto, può fare quello che gli pare. Lo sbirro si incazza e cerca di prendere lo zaino al compagno per effettuare la perquisizione che non era stata fatta dicendo:”preghi che non arrivi nessuno dei suoi a fare casino come la volta scorsa”. Il compagno quindi dice ALLO SBIRRO di tenere le mani a posto e apre spontaneamente lo zaino ma senza farlo toccare agli sbirri, stessa cosa per le tasche dei pantaloni.
Intanto, a seguito delle proteste dei due compagni, i passanti si fermano per cercare di capire cosa succede. Dopo la stesura del verbale (prestampato che alleghiamo a questo scritto) un compagno fa notare che non sono stati apportati nome e cognome degli agenti e pretende che venga scritto sulla copia del verbale. Gli sbirri rispondono che il loro nome sarebbe ALFA1. I due compagni ridono e accusano lo sbirro di essere “un incappucciato e un vigliacco” e che “solo così essi possono continuare a fare angherie e soprusi” e gli ricordano gli sbirri torturatori del G8 nessuno dei quali aveva ne un numero ne un nome per rendersi riconoscibili. Lo sbirro riprende con le minacce dicendo che avrebbe denunciato il compagno per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale in quanto si sarebbe rifiutato anche di aprire lo zainetto. Inoltre, considerate le motivazioni (la sua presenza sul luogo e a quell’ora non appariva giustificabile) del fermo il compagno invitava i passanti a farsi perquisire se la loro presenza in loco non fosse stata giustificata come da richiesta degli sbirri. Dopo circa un ora i due compagni sono stati rilasciati e hanno ripreso la loro “non giustificata” passeggiata in centro.
Vero è che, specialmente per i compagni più attivi politicamente e riconosciuti dalla DIGOS, la questione dei fermi e delle perquise non è nuova. E’ anche vero che di fronte a noi, quando accadono queste cose, abbiamo il cane da guardia del nostro principale nemico (la borghesia) di classe e che essi rispondono ai comandi del padrone. Ma quel verbale prestampato la dice lunga su quanto e come la sbirraglia possa, grazie alle motivazioni infondate, gratuite e pretestuose, scritte sul prestampato, perpetrare angherie e abusi su chiunque senza che nessuno (se non molto ricco da permettersi un avvocato ogni volta che queste cose succedono) possa fare valere i propri diritti di cittadino che, quando passeggia, non deve dare alcuna giustificazione a nessun sbirro di turno. Invitiamo tutti coloro che venissero fermati e perquisiti dalla sbirraglia dei padroni, a rifiutare la perquisizione e a contestare il verbale prestampato pretendendo che gli sbirri, oltre a qualificarsi, forniscano le loro generalità.
Rendiamo vita dura a queste MERDE e non facciamo loro passare nulla.
QUESTURA DI TORINO
DIVISIONE INVESTIGAZIONI GENERALI
OPERAZIONI SPECIALI
OGGETTO: Verbale di perquisizione personale ai sensi dell’Art. 4 L.152 del 22.5.75 a carico di
_________________________________ nato a ______________________________________
___________ il ______________ residente a ______________________________________¬¬¬¬___
In _________________________ identificato a mezzo__________________________________
L’anno____ addì_____ del mese di_________ alle ore________ a____________in_____________
noi sottoscritti Ufficiali e Agenti di P.G in servizio di Alfa 1_______________________________
appartenenti all’ufficio di cui sopra, diamo atto che, nel corso di un operazione di polizia, abbiamo proceduto all’identificazione della persona in oggetto indicata e, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo per le quali la sua presenza non appariva giustificabile, data la necessità e l’urgenza che non consentivano un tempestivo intervento dell’Autorità Giudiziaria competente, abbiamo proceduto all’immediata perquisizione sul posto, al fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, nei confronti della persona sopra generalizzata, nonché dei suoi accompagnatori: __________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________La perquisizione ha dato esito NEGATIVO.
L’interessato
Rifiuta di firmare I VERBALIZZANTI
(scarabocchi incomprensibili
lunedì 3 agosto 2009
Sviluppi presidio per Maged
Il presidio promosso dal CCP (Collettivo Comunista Piemontese) per Maged Al Molky tenutosi di fronte al consilgio regionale del Piemonte il 28/07/2009 ha ottenuto un primo risultato: 15 consiglieri hanno presentato un ordine del giorno (che alleghiamo al testo del messaggio) con il quale chiedono che il consiglio regionale si attivi presso i Ministeri competenti per verificare che non sia stata violata la Costituzine e pe conoscere l'attuale condizione di Maged.
L'OdG presentato dai consiglieri firmatari mette in evidenza le violazioni degli articoli della Costituzione, messe in atto, dagli organi competenti e del governo italiano, nella deportazione di Maged.
Questo OdG presentato dai 15 consilglieri regionali è il risultato della mobilitazione che i compagni che hanno partecipato al presidio sono riusciti a mettere in atto, malgrado le esigue forze sulle quali essi potevano contare a dimostrazione che la lotta e la mobilitazione pagano sempre, anche quando i numeri non sono dalla nostra parte. Le battaglie devono essere combattute a tutto campo utilizzando tutti gli strumenti e le armi disponibili, facendo leva anche sulle contraddizioni in campo borghese. L'Ordine del Giorno rpesentato in consiglio regionale grazie alla mobilitazione dei compagni, rappresenta anche un precedente importante che deve essere utilizzato per tutti gli altri casi analoghi come ad esempi quello del compagno turco Avni Er il quale rischia l'espulsione dall'Italia finendo tra le grinfie dei torturatori e degli assassini dello stato fascista turco.
CCP (Collettivo Comunista Piemontese) tel.3476558445 via Spotorno 4 Torino.
Qui sotto i nomi dei presentatari e dei firmatari dell'OdG sul Maged Al Molky.
Ordine del Giorno n. 1260, YOUSSEF MAGED AL MOLKY.
Presentato il 29/07/2009 dai Consiglieri:
Primo Firmatario
SERGIO CAVALLARO (SINISTRA DEMOCRATICA PER IL SOCIALISMO EUROPEO)
SERGIO DALMASSO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ROCCO LARIZZA (Partito Democratico)
Altri Firmatari
ANGELO AUDDINO (Partito Democratico)
PAOLA BARASSI (Ecologisti uniti a sinistra-s.e.)
ANTONINO BOETI (Partito Democratico)
IURI GILBERTO BOSSUTO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ANDREA BUQUICCHIO (ITALIA DEI VAL.CON DIPIET)
ALBERTO DEAMBROGIO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ENRICO MORICONI (Ecologisti uniti a sinistra-s.e.)
MARCO TRAVAGLINI (Partito Democratico)
MARIANO TURIGLIATTO (Insieme per Bresso)
ORDINE DEL GIORNO
ai sensi dell’articolo 18, comma 4, dello Statuto e
dell’articolo 92 del Regolamento interno,
trattazione in Aula
trattazione in Commissione
OGGETTO: Youssef Maged Al Molky
Premesso che:
- Youssef Maged Al Molky, il palestinese ritenuto tra i principali responsabili
del sequestro della nave da crociera Achille Lauro, avvenuta nel 1985, ha
scontato 23 anni e 8 mesi di carcere, in vari istituti carcerari italiani;
- è stato scarcerato dall’Ucciardone di Palermo – avendo ottenuto 6 mesi di
liberazione anticipata per buona condotta – in data 27 aprile 2009 e
condotto al CPT di Trapani;
- in data 27 giugno è stato prelevato dal CPT e condotto all’aeroporto di
Roma Fiumicino e quindi - accompagnato da due poliziotti italiani – è
partito per Damasco;
- dal momento dell’arrivo a Damasco (ore 2.45 di domenica 28 giugno) si
sono totalmente perse le tracce.
Ritenuto che:
- il trasferimento in Siria sia avvenuto nonostante la sentenza della Corte
d’Assise di Genova per il sequestro Lauro prevedesse per Youssef Maged
Al Molky ancora 3 anni di libertà vigilata e nonostante il suo matrimonio
con una cittadina italiana;
- Youssef Maged Al Molky possa essere riprocessato e condannato a morte
in Siria, paese che al momento del trasferimento non ha offerto all’Italia
garanzia alcuna sull’incolumità e sul rispetto dei più elementari diritti del
detenuto;
- il nostro Governo, per quanto l’Italia sia promotrice della moratoria sulle
pena di morte, non si sia fatta scrupolo di mandare un uomo in un Paese
dove è in vigore la pena di morte e dove non sono garantiti i diritti
umani.
Impegna la Presidenza del Consiglio regionale e della Giunta regionale ad
attivarsi presso i ministeri competenti al fine di
o conoscere le motivazioni del trasferimento
o verificare la correttezza delle procedure seguite secondo il dettato
costituzionale
o conoscere le attuali condizioni del detenuto
PRIMI FIRMATARI Rocco Larizza – Sergio Dalmasso – Sergio Cavallaro
Altre firme
Il file è trasmesso con e-mail
L'OdG presentato dai consiglieri firmatari mette in evidenza le violazioni degli articoli della Costituzione, messe in atto, dagli organi competenti e del governo italiano, nella deportazione di Maged.
Questo OdG presentato dai 15 consilglieri regionali è il risultato della mobilitazione che i compagni che hanno partecipato al presidio sono riusciti a mettere in atto, malgrado le esigue forze sulle quali essi potevano contare a dimostrazione che la lotta e la mobilitazione pagano sempre, anche quando i numeri non sono dalla nostra parte. Le battaglie devono essere combattute a tutto campo utilizzando tutti gli strumenti e le armi disponibili, facendo leva anche sulle contraddizioni in campo borghese. L'Ordine del Giorno rpesentato in consiglio regionale grazie alla mobilitazione dei compagni, rappresenta anche un precedente importante che deve essere utilizzato per tutti gli altri casi analoghi come ad esempi quello del compagno turco Avni Er il quale rischia l'espulsione dall'Italia finendo tra le grinfie dei torturatori e degli assassini dello stato fascista turco.
CCP (Collettivo Comunista Piemontese) tel.3476558445 via Spotorno 4 Torino.
Qui sotto i nomi dei presentatari e dei firmatari dell'OdG sul Maged Al Molky.
Ordine del Giorno n. 1260, YOUSSEF MAGED AL MOLKY.
Presentato il 29/07/2009 dai Consiglieri:
Primo Firmatario
SERGIO CAVALLARO (SINISTRA DEMOCRATICA PER IL SOCIALISMO EUROPEO)
SERGIO DALMASSO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ROCCO LARIZZA (Partito Democratico)
Altri Firmatari
ANGELO AUDDINO (Partito Democratico)
PAOLA BARASSI (Ecologisti uniti a sinistra-s.e.)
ANTONINO BOETI (Partito Democratico)
IURI GILBERTO BOSSUTO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ANDREA BUQUICCHIO (ITALIA DEI VAL.CON DIPIET)
ALBERTO DEAMBROGIO (Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea)
ENRICO MORICONI (Ecologisti uniti a sinistra-s.e.)
MARCO TRAVAGLINI (Partito Democratico)
MARIANO TURIGLIATTO (Insieme per Bresso)
ORDINE DEL GIORNO
ai sensi dell’articolo 18, comma 4, dello Statuto e
dell’articolo 92 del Regolamento interno,
trattazione in Aula
trattazione in Commissione
OGGETTO: Youssef Maged Al Molky
Premesso che:
- Youssef Maged Al Molky, il palestinese ritenuto tra i principali responsabili
del sequestro della nave da crociera Achille Lauro, avvenuta nel 1985, ha
scontato 23 anni e 8 mesi di carcere, in vari istituti carcerari italiani;
- è stato scarcerato dall’Ucciardone di Palermo – avendo ottenuto 6 mesi di
liberazione anticipata per buona condotta – in data 27 aprile 2009 e
condotto al CPT di Trapani;
- in data 27 giugno è stato prelevato dal CPT e condotto all’aeroporto di
Roma Fiumicino e quindi - accompagnato da due poliziotti italiani – è
partito per Damasco;
- dal momento dell’arrivo a Damasco (ore 2.45 di domenica 28 giugno) si
sono totalmente perse le tracce.
Ritenuto che:
- il trasferimento in Siria sia avvenuto nonostante la sentenza della Corte
d’Assise di Genova per il sequestro Lauro prevedesse per Youssef Maged
Al Molky ancora 3 anni di libertà vigilata e nonostante il suo matrimonio
con una cittadina italiana;
- Youssef Maged Al Molky possa essere riprocessato e condannato a morte
in Siria, paese che al momento del trasferimento non ha offerto all’Italia
garanzia alcuna sull’incolumità e sul rispetto dei più elementari diritti del
detenuto;
- il nostro Governo, per quanto l’Italia sia promotrice della moratoria sulle
pena di morte, non si sia fatta scrupolo di mandare un uomo in un Paese
dove è in vigore la pena di morte e dove non sono garantiti i diritti
umani.
Impegna la Presidenza del Consiglio regionale e della Giunta regionale ad
attivarsi presso i ministeri competenti al fine di
o conoscere le motivazioni del trasferimento
o verificare la correttezza delle procedure seguite secondo il dettato
costituzionale
o conoscere le attuali condizioni del detenuto
PRIMI FIRMATARI Rocco Larizza – Sergio Dalmasso – Sergio Cavallaro
Altre firme
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