martedì 5 maggio 2009

Sul centralismo democratico


(…) Il partito comunista è il reparto organizzato d’avanguardia della classe operaia, cioè la sua parte più cosciente ed avanzata, capace di condurre vaste masse di lavoratori alla lotta per rovesciare il capitalismo ed alla costruzione del socialismo. Lenin scrisse:
“Educando il partito operaio, il marxismo educa l’avanguardia del proletariato, capace di prendere il potere e di condurre tutto il popolo verso il socialismo, di organizzare e di dirigere un nuovo regime, di essere maestro, guida e capo di tutti i lavoratori e di tutti gli sfruttati nell’opera di edificazione di una vita sociale senza la borghesia e contro la borghesia” (Lenin, Stato e Rivoluzione pag. 30, Editori Riuniti, 1970). (…)
(…)Il partito marxista-leninista, pur essendo classista per sua natura, oltre ad avere radici profonde nell’ambiente operaio, può anche avere al suo interno elementi provenienti da altri strati della popolazione a condizione però che a aderiscano senza riserve alle posizioni ideologiche e politiche del proletariato rivoluzionario. (…)



(…)Il centralismo democratico nel partito marxista-leninista

I principi che regolano l’organizzazione di un partito comunista derivano dalla funzione che esso deve svolgere, dal carattere rivoluzionario dei suoi compiti e dei suoi fini.
Gli interessi che un partito comunista esprime non derivano dalla somma degli interessi dei singoli operai o delle loro categorie, ma dagli interessi generali della classe che possono realizzarsi solo mediante un’unica volontà, capace di convogliare una quantità di azioni singole in una unica lotta comune. Solo una direzione centralizzata può riunire tutte le forze, indirizzarle verso un unico fine, coordinare le azioni isolate dei singoli e dei gruppi. “...Una centralizzazione assoluta e una rigorosissima disciplina sono condizioni fondamentali per la vittoria sulla borghesia” (Lenin).
Ma la volontà generale del partito non può formarsi altro che per via democratica, cioè attraverso un dibattito comune, collettivo, che consideri le diverse opinioni e proposte, e indichi in fine decisioni obbligatorie per tutti. Elaborata con questo metodo, la volontà generale ha il vantaggio di esprimere più compiutamente, e perciò più giustamente, le esigenze obiettive della lotta di classe del proletariato.
In tal modo il centralismo del partito comunista è un centralismo democratico, che si appoggia cioè sulla volontà della maggioranza del partito.
La democrazia al suo interno, in questo caso, non è, come per la concezione borghese, una semplice “libertà di critica” astratta, ma si sostanzia in un reale confronto costruttivo, inserito in un programma di attività e trasformazione rivoluzionaria. In altri termini, senza una centralizzazione, un impegno attivo degli organismi dirigenti nell’indirizzare la discussione verso la risoluzione dei problemi concreti della lotta di classe, la “democrazia” si ridurrebbe ad uno sterile rito formale.
Questa funzione degli organismi dirigenti deriva dal fatto che la formazione dei quadri e la loro promozione avviene in seguito alla loro capacità di legarsi alle esigenze delle masse e alla loro fermezza nel condurre la lotta di classe. Il centralismo non è dunque semplice accentramento, dovuto a motivi esclusivamente pratici di difesa dell’organizzazione, ma è la condizione stessa affinché si verifichi all’interno del partito la democrazia socialista. Infatti il centralismo democratico realizza all’interno del partito il principio generale della priorità delle esigenze di classe su quelle individuali, nella consapevolezza che queste ultime non possono essere soddisfatte individualisticamente ma solo in seguito al progresso delle condizioni storiche di tutta la classe.
Centralismo democratico in pratica significa:
elettività di tutti gli organi dirigenti dal basso in alto;
rapporto periodico degli organi di partito davanti alle proprie organizzazioni di base;
severa disciplina di partito e sottomissione della minoranza alla maggioranza;
incondizionata obbligatorietà delle decisioni degli organi superiori per quelli inferiori.
Il principio del centralismo democratico sta alla base dello statuto che di ogni partito comunista determina la struttura e le regole di vita interna, i metodi di attività pratica delle sue organizzazioni, i doveri e i diritti dei suoi membri.
La questione degli obblighi dei suoi membri è la pietra angolare della struttura del partito. Un partito comunista, in quanto è chiamato ad assolvere il compito grandioso di trasformare la società, non può considerare sufficiente il semplice consenso al suo programma. E’ comunista colui che contribuisce attivamente alla realizzazione del programma e che lavora con impegno in una delle organizzazioni di partito, accettandone la guida e il controllo. (…)
(…)I dirigenti di un partito comunista costituiscono il nucleo dirigente del partito, i suoi quadri, il suo apparato elettivo che organizza praticamente il lavoro per la realizzazione delle decisioni prese, assicura la continuità delle esperienze e delle tradizioni.
(…) I quadri dirigenti non stanno al di sopra del partito, ma debbono essere sotto il suo controllo. L’attività politica dei funzionari -, diceva Lenin,- deve essere aperta come la scena di un teatro per gli spettatori. Tutti devono sapere come un funzionario politico abbia cominciato il suo lavoro, come si sia svolta la sua evoluzione, come si sia comportato in un momento difficile della sua esistenza, quali siano in genere le doti che lo distinguono; e perciò naturalmente, tutti i membri del partito debbono, con piena conoscenza di causa, poter eleggere o non eleggere questo compagno a una determinata carica di partito. La “selezione naturale”, con piena pubblicità, elettività e controllo generale, è assicurata quando ogni funzionario risulti in definitiva “al suo posto”, si occupi delle questioni più confacenti alle sue forze e alle sue capacità, subisca di persona le conseguenze dei suoi errori, e dimostri davanti agli occhi di tutti la sua idoneità a riconoscere gli errori stessi e ad evitarli (Lenin, vol. 5, pagg. 441).
La democrazia di partito è quindi una condizione importantissima per la formazione, la selezione e l’educazione dei quadri dirigenti. Nel contempo la democrazia garantisce che la direzione si appoggi all’esperienza collettiva e non rifletta soltanto le opinioni personali di questo o quel funzionario. (…)
L’ampia discussione di tutte le questioni principali e l’elaborazione collettiva delle decisioni costituiscono un metodo di lavoro estremamente importante nel partito, e necessario per la generalizzazione delle varie esperienze, per la denuncia delle lacune dell’attività politica: esso aiuta a far prendere a tutti coscienza piena delle decisioni approvate.
Ogni discussione di partito deve essere connessa con l’esercizio della critica e dell’autocritica, cioè con la denuncia delle insufficienze del lavoro, con la spiegazione delle loro origini e con la presentazione delle proposte atte a rimuoverle. (…)

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