Mentre nelle aule del Tribunale della Repubblica prosegue “l’iter processuale” regolamentato dalle leggi di un sistema, espressione degli interessi della classe padronale, in cui i ricchi hanno sempre la possibilità di farla franca (magari attendendo comodamente la prescrizione dei reati grazie al decreto sul “PROCESSO BREVE” e strapagando i servigi di avvocati senza scrupoli e le false deposizioni di qualche leccapiedi) gli operai continuano a morire ogni giorno nelle fabbriche e nei cantieri . Ad un anno dall’avvio del processo contro i dirigenti stragisti della Thyssen Krupp, tra rinvii e ostruzionismi orchestrati dalla difesa, siamo ancora nella fase di udienza dei testimoni nominati dagli avvocati. Indubbiamente a godere della lunga tempistica sono soltanto gli imputati anche perché essi, grazie alla loro enorme disponibilità di denaro, non hanno certo il problema di sostenere le spese causate dalla perdita di giornate lavorative o dai viaggi per essere presenti alle udienze. Inoltre lor signori non hanno nemmeno la preoccupazione di mettere insieme il pranzo con la cena come invece sono costretti a fare i parenti degli operai uccisi o i loro compagni di lavoro.
Dall’inizio del processo ad oggi è calata anche di molto l’attenzione e la tensione attorno a quella che si può definire una delle più efferate stragi di operai della storia moderna per la quale, per la prima volta in assoluto, i dirigenti di una grande azienda multinazionale vengono trascinati in tribunale con l’imputazione di omicidio. Il processo contro i dirigenti stragisti della Thyssen Krupp, è l’atto d’accusa di tutti i lavoratori contro i padroni sfruttatori e assassini di fronte ai giudici di un tribunale della repubblica borghese e per questo rappresenta una crepa nel sistema tanto caro ai padroni. E’ un processo politico che mette in discussione, non solo i dirigenti e i padroni della Thyssen, ma il sistema di sfruttamento e morte che garantisce il profitto di un pugno di parassiti sulla pelle di milioni di proletari.
Di fronte alla lentezza delle procedure processuali e di fronte alle leggi salva padroni non possiamo certo attendere che la “giustizia borghese faccia il suo corso” senza utilizzare l’unica arma che i lavoratori posseggono: l’organizzazione e la lotta. E’ necessario adoperarsi per riprendere le mobilitazioni e i presidi durante le udienze e davanti il Tribunale per tenere il fiato sul collo alle Autorità competenti costringendole a rispettare le poche leggi democratiche a favore del proletariato ancora in vigore, oppure a smascherarsi rendendo evidente la loro sudditanza agli interessi della classe dominante. Riprendere con vigore la mobilitazione e alzare l’attenzione e la tensione sul processo Thyssen significa anche restituire dignità alle migliaia di vittime del lavoro e da lavoro che nel nostro paese ogni anno pagano con il sangue la sete di profitto dei padroni.
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